Speciale Conclave 2025, l'elezione del nuovo Papa
chiese, scuole, convitti, ospedali, residenze

Occhi sulla Sistina, ma il vero tesoro del Vaticano è immobiliare, sta altrove e vale miliardi

Con il Conclave al via si riaccende il dibattito sulla gestione dei beni della Chiesa: 5.400 immobili gestiti direttamente dall'Apsa, 45.927 quelli degli enti ecclesiastici in Italia

di Giuliana Grimaldi
06 Mag 2025 - 10:34
 © Istockphoto

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Mentre la Chiesa cattolica si prepara ad affrontare un nuovo Conclave dopo la morte di Papa Francesco, uno dei temi che inevitabilmente torna a dividere è la gestione delle sue immense ricchezze. Tra queste, il patrimonio immobiliare rappresenta una delle voci più rilevanti, ma anche più delicate. A partire dal Vaticano stesso, che ha iniziato solo di recente a rendere pubblici alcuni numeri, fino ad arrivare agli enti ecclesiastici distribuiti sul territorio italiano e mondiale, la Chiesa si ritrova a possedere decine di migliaia di edifici, al centro di riflessioni etiche, ma pure strategiche, finanziarie e politiche.

Oltre 5mila immobili tra Italia ed estero

  Secondo i dati aggiornati nel bilancio 2023 dell’Apsa, l'Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica gestisce direttamente o tramite società partecipate oltre 5.400 unità immobiliari: 4.249 in Italia, concentrate per il 92% nella Provincia di Roma e in particolare nelle aree centrali e vicine al Vaticano; circa 1.200 all’estero, in città come Londra, Parigi, Ginevra e Losanna.

Il valore complessivo non è stato precisato nel nuovo bilancio, ma nel 2023 la gestione immobiliare ha generato un surplus di 35 milioni di euro, a fronte di ricavi operativi pari a 73,6 milioni. Il 19,2% degli immobili è affittato a canoni di libero mercato, il 10,4% a canone agevolato, mentre ben il 70,4% è a canone nullo. Un dato che riflette una missione non speculativa ma comunque impegnata ad aumentare l’efficienza economica.

Complessivamente, l’utile netto generato da Apsa nel 2023 è stato di 45,9 milioni di euro, di cui 37,9 milioni destinati alla missione del Papa e 7,9 milioni reinvestiti per rafforzare la consistenza patrimoniale, senza intaccare il patrimonio della Santa Sede e senza vendere immobili istituzionali.

I beni degli enti ecclesiastici italiani

 Se si guarda oltre le mura leonine, il patrimonio si espande ulteriormente. Secondo un’indagine dell’Osservatorio del Politecnico di Milano riportata da "Il Sole 24 Ore", in Italia gli enti ecclesiastici possiedono 45.927 edifici, per una superficie complessiva di 38,6 milioni di metri quadrati e un valore stimato di 42,5 miliardi di euro. Si tratta di immobili di vario tipo: chiese, scuole, convitti, ospedali, centri parrocchiali e residenze. Il 72% è di proprietà diretta di enti religiosi, il 28% è intestato a diocesi o ordini.

Gli altri investimenti finanziari

  Oltre al patrimonio immobiliare, l’Apsa cura anche una vasta gestione mobiliare. Nel 2023, questa attività ha generato un surplus economico di 27,6 milioni di euro, grazie a investimenti improntati a criteri di prudenza e coerenza con la Dottrina sociale della Chiesa. I fondi sono stati allocati principalmente in titoli internazionali a reddito fisso, con un’esposizione azionaria contenuta e una scadenza media del portafoglio obbligazionario di circa 4 anni.

Come riporta "Vatican News", la gestione si è distinta per l’elevato livello di liquidità precauzionale — intorno al 50% — e per l’assenza di finalità speculative, con un occhio attento alla sostenibilità sociale e alla diversificazione dei rischi. L’Apsa ha inoltre offerto consulenza e soluzioni finanziarie ai Dicasteri della Curia e ad altri enti vaticani, contribuendo a una gestione più efficiente e trasparente delle risorse economiche

Una questione strategica per il prossimo Papa

 Il controllo e l’amministrazione di questo immenso patrimonio rappresenterà una delle sfide più complesse — e potenzialmente divisive — per il prossimo pontefice. Papa Francesco ha avviato una profonda riforma nella gestione economica vaticana, accentrando le competenze in Apsa e rimuovendo progressivamente il controllo diretto da parte della Segreteria di Stato, dopo lo scandalo Becciu e l'acquisto milionario del palazzo londinese.

Il dilemma eterno della Chiesa

 Le dimensioni di questo patrimonio continuano però a sollevare interrogativi a metà strada tra la finanza e l'etica: tale enorme ricchezza serve a sostenere la missione spirituale e sociale della Chiesa o a garantire rendite e potere economico? È lecito — ed eticamente sostenibile — che parte di questi immobili resti inutilizzata o venga destinata a speculazioni, mentre in molte diocesi mancano risorse per l’assistenza o l’edilizia scolastica?

Le riforme di Francesco hanno posto questi nodi sul tavolo, ma non li hanno sciolti. Il nuovo Papa dovrà scegliere se continuare su questa strada o aprire una nuova fase, forse più orientata alla redditività, o più radicalmente votata alla dismissione e redistribuzione degli asset.

Scelte morali

 In un momento storico in cui povertà, disuguaglianze e conflitti globali sono sempre più forti, anche il modo in cui la Chiesa custodisce, valorizza o ridistribuisce il suo tesoro in mattoni può veicolare un messaggio teologico e politico. Più ancora delle parole o delle omelie.

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