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Donald Trump e i dazi bloccati dal tribunale: per ora restano in vigore | Che cosa succede e i prossimi passi del presidente

Donald Trump aveva annunciato nuove tariffe nei mesi scorsi. Ora un tribunale di New York le ha bloccate (quasi) tutte, ma la Corte d'appello ha sospeso la sentenza

30 Mag 2025 - 12:34

Era il 2 aprile quando Donald Trump terremotò i mercati di tutto il mondo annunciando nuovi dazi, applicandoli a quasi tutti i partner commerciali degli Stati Uniti. Oggi, il 29 maggio, un tribunale federale ha bloccato queste tariffe: la motivazione è che la legge d'emergenza allora invocata da Trump per imporre i dazi (l'International Emergency Economic Powers Act del 1977) in realtà non conferisce al presidente quel potere. In sostanza, il tribunale di New York afferma che la Costituzione degli Stati Uniti attribuisce solo al Congresso i poteri per regolamentare il commercio con le altre nazioni e che tale potere non è sostituito dal mandato del presidente di salvaguardare l'economia federale. La Corte d'appello, su richiesta dell'amministrazione Trump, ha poi deciso che "i dazi restano per ora in vigore".

La Casa Bianca: "Deciderà la Corte Suprema"

 La Casa Bianca ha chiesto alla Corte di bloccare l'ordinanza di sospensione delle tariffe. Anche se la sentenza non riguarda alcuni beni specifici (come automobili, acciaio e alluminio) che rientrano in una fattispecie che non era argomento delle due cause intentate al tribunale federale di New York. Al momento, dunque, la Corte ha dato dieci giorni di tempo alla Casa Bianca per completare l'iter burocratico per sospendere i dazi, anche se alcuni sono già stati comunque sospesi (mentre altri non sono nemmeno mai entrati in vigore). La Casa Bianca ha quindi annunciato di aver fatto un ricorso alla Corte Suprema, a cui "spetterà la decisione finale", ha ribadito la portavoce Karoline Leavitt. 

Cosa succede ora

 Come detto, Donald Trump ha già presentato ricorso contro la sentenza. E se anche dovesse perdere la battaglia alla Corte Suprema, ciò non significherebbe la fine dei suoi piani tariffari. La stessa sentenza della Corte federale ha sottolineato che il presidente ha comunque il potere di imporre tariffe fino al 15% per 150 giorni per far fronte a una situazione di emergenza relativa alla bilancia commerciale. Se l'amministrazione percorresse questa strada, i nuovi dazi potrebbero entrare in vigore nel giro di pochi giorni. L'alternativa è che Trump potrebbe fare riferimento ad altre leggi per giustificare le tariffe, come aveva fatto durante il suo primo mandato, quando aveva fatto appello a questioni di sicurezza nazionale o di politiche commerciali sleali da parte di altri Paesi. In questo caso, servirebbero indagini più lunghe, che ritarderebbero l'entrata in vigore dei nuovi dazi. Infine, Goldman Sachs ha affermato che Trump potrebbe anche ricorrere a una parte di una legge commerciale del 1930 che consente al presidente di imporre tariffe fino al 50% sulle importazioni dai Paesi che "discriminano" gli Stati Uniti. Anche in questo caso, una decisione che potrebbe essere presa in tempi relativamente brevi.

Come siamo arrivati ​​fin qui

 Ma come si è arrivati fino a questo punto? Quali dazi sono stati solo annunciati e quali sono già in vigore? Come detto, il 2 aprile Donald Trump ha inaugurato un regime tariffario globale senza precedenti, imponendo tasse sulle importazioni a moltissimi partner commerciali degli Stati Uniti. Sulla maggior parte dei Paesi è stata imposta una tariffa di base del 10%, insieme a ulteriori tariffe "reciproche" più elevate imposte a decine di partner commerciali, tra cui l'Unione europea, il Regno Unito, il Canada, il Messico e la Cina. In sostanza, i dazi sono tasse applicate ai beni acquistati da altri Paesi: quindi, con un dazio del 10%, un prodotto che prima costava 10 dollari, dopo l'applicazione della tariffa ne costerà 11. L'obiettivo, nelle intenzioni di Trump, è di incoraggiare i consumatori statunitensi ad acquistare più beni di produzione americana, aumentare le imposte per rimpinguare le casse Usa e portare nuovi investimenti negli Stati Uniti.

Tra annunci e realtà

 Donald Trump in questi mesi ha annunciato diverse tariffe. Sui prodotti Ue, aveva annunciato un dazio del 50%. Poi sceso al 20% e poi ancora dimezzato al 10% fino all'8 luglio, per avere tempo di sedersi a un tavolo di trattative. Più duro il pugno contro la Cina: per lei i dazi annunciati erano del 145%, con una replica di Pechino al 125%. Questi dazi, però, non sono mai entrati in vigore, perché Stati Uniti e Cina li hanno sospesi. Di fatto, si è tornati alla situazione precedente al 2 aprile (quello che secondo Trump sarebbe stato il "giorno della liberazione"): i dazi statunitensi sulle importazioni cinesi sono al 30%, mentre i dazi cinesi sulle importazioni statunitensi sono al 10%. Anche Canada e Messico erano stati presi di mira da Donald Trump, fin da febbraio, quando introdusse una tassa del 25% sulle importazioni da entrambi i Paesi e un'imposta del 10% sull'energia canadese. In risposta a ciò, il 9 aprile il Canada ha introdotto una tassa del 25% su alcuni veicoli importati dagli Stati Uniti. Ma anche in questo caso, tra ritardi ed esenzioni, i dazi non sono mai entrati in vigore nella misura annunciata.

Gli altri dazi

 Su alcuni prodotti specifici, comunque, i dazi imposti da Donald Trump restano in vigore. Proprio perché l'ordinanza del 29 maggio ha bloccato solo le tariffe cosiddette universali. Dunque, sulle importazioni di acciaio e alluminio negli Stati Uniti (compresi i prodotti realizzati con questi metalli) è in vigore una tassa del 25%. Così come sulle automobili prodotte all'estero: un 25% in più che, dal 3 maggio, è stata estesa anche ai motori e ad altri componenti importati. Queste cifre non valgono però per il Regno Unito, con cui gli Usa hanno siglato un accordo che prevede l'abolizione dei dazi su acciaio e alluminio e una riduzione al 10% di quelli sulle automobili. Tutti le altre tariffe, come quelle sugli smartphone, sui computer, sui film (in questo caso addirittura al 100%) sono state solo annunciate e non sono mai entrate in vigore. Almeno per il momento.

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