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Europe: "Che bello suonare come nei 70's"

La band pubblica "Bag Of Bones", Tgcom24 ha incontrato Joey Tempest e John Norum

Patric Ullaeus - Revolver

Si intitola "Bag Of Bones" il nuovo album degli Europe uscito il 2 maggio scorso.

Joey Tempest

e compagni tornano con un lavoro molto improntato al rock anni 70, lontano nello stile da successi come

"The Final Countdown

". "Oggi ci muoviamo senza pregiudizi - dice il cantante a

Tgcom24

-, da quando siamo tornati insieme abbiamo toccato quasi ogni genere. Ci manca solo il reggae ma... chissà? Magari con il prossimo album lanceremo il ganja rock!".

Chi se li ricorda negli anni 80, con i capelli cotonati, avvolti in vestiti coloratissimi e con quel filo di trucco che non poteva mai mancare, farà forse un po' fatica a riconoscere gli Europe in questi cinque seri men in black, capello scuro e liscio e anche un filo di barbetta incolta. Ma per Joey Tempest e soci il tempo è stato clemente. Nel fisico, perché al di là dei cambiamenti la forma è invidiabile, e nell'ispirazione musicale. Ugola intatta e dischi che nella loro seconda vita (dal 2003, data della reunion, a oggi sono in tutto quattro cd) sono stati capaci di conquistare nuove fette di pubblico e quella critica che li guardava con la puzza sotto il naso. A Milano con Tempest c'è anche il chitarrista John Norum, artefice della svolta che fa somigliare gli Europe di oggi più ai Deep Purple che ai Bon Jovi dell'epoca. 

"E' stata una progressione naturale - spiega Tempest -. Per noi è stato una sorta di viaggio nel corso degli ultimi quattro album, da quando siamo tornati insieme, provando cose diverse. Ci siamo sentiti molto rilassati nel realizzare "Bag Of Bones". Non abbiamo dovuto lavorarci molto, abbiamo registrato quasi tutti dal vivo in studio con pochissime sovraincisioni. Un po' come si faceva negli anni 70: fai quattro o cinque versioni e poi scegli la migliore".

Molti oggi tornano alla musica di quel periodo, vi siete chiesti come mai?


Norum: Probabilmente perché era una musica sincera che arrivava dal cuore. Gli artisti facevano quello che sentivano più giusto e non si preoccupavano tanto del baraccone intorno. Non c'era così tanta "industria" dietro i dischi, una macchina interessata soprattutto alla commercializzazione. Quella è arrivata negli anni 80.
Tempest: Non c'era tutta la pressione esterna che c'è stata successivamente. Gli anni 70 sono stati per eccellenza gli anni degli album. Negli 80 e nei 90, soprattutto per l'esplosione dei video, si è tornati a mettere l'accento sui singoli. Noi volevamo esprimerci in quel modo: realizzare un album da ascoltare dall'inizio alla fine, con tutte le sue dinamiche.

Avete detto che all'epoca si faceva musica in questo modo perché non c'era tanta "industria" alle spalle. E' possibile che oggi si torni a quel genere proprio perché, per via della crisi della discografia, l'industria va sempre più assottigliandosi?


Tempest: Condivido questo punto di vista. Se ci pensi, un'industria che mette sotto contratto una serie di artisti e impone loro cosa fare, indirizza il mercato musicale. Fortuntamente noi siamo sempre stati fuori da questi giochi. Anche all'epoca di "The Final Countdown" e "Out Of This World", i nostri album di maggior successo, decidevamo e scrivevamo tutto noi, quella era la musica che ci piaceva. Il problema era piuttosto con i media che erano inondati di poster, video, marketing di ogni genere... Hanno costruito questo castello in aria che era destinato a disfarsi, come è avvenuto poi e dal quale è uscita la rivoluzione grunge di Seattle.

(PROSEGUE NELLA SECONDA PAGINA)


Frederik Etoall

Per l'occasione avete lavorato con Kevin Shirley, produttore degli Iron Maiden.


E' un grande, ti fa sentire a casa. Lavora velocemente ed è molto bravo nel trovare i suoni giusti. In particolare volevamo ritrovare quel calore e quel feeling del sound degli anni 70 e lui è stato molto bravo a ricrearlo. Sa dare il consiglio giusto al momento giusto per gli arrangiamenti. Di fatto i pezzi erano quasi pronti del tutto ma spesso ha saputo aggiungere quel dettaglio che li ha migliorati ulteriormente. 

Cosa aveva di speciale quel sound?


Tempest: Quelli sono stati gli anni in cui si è raggiunto il livello più alto per la qualità della registrazione. In nessun periodo chitarra, batteria, basso hanno avuto suoni più caldi, potenti. E' un sound che è piacevole alle orecchie. Anche le cose dei Bee Gees e degli Abba erano registrate magnificamente, puoi non amare quella musica ma non puoi denigrare il suo suono.

In tutto il caos degli anni 80 riuscivate a godervi l'essere musicisti o per voi è meglio oggi?


Tempest: C'era una pressione enorme, tutto il lato affaristico aveva un ché di folle. I video dovevano essere ogni volta più grandiosi, viaggi promozionali ovunque. Ora abbiamo molto più controllo sulle nostre cose. Abbiamo la nostra etichetta, ci prendiamo i nostri tempi. Ci divertiamo di più, è innegabile. Anche se non c'è il successo di una volta. All'epoca avevamo vent'anni, avremmo potuto perdere la testa. Invece abbiamo fatto le cose con calma, così come dalla reunion in avanti: quattro album mettendo tassello sopra tassello, e ora ne vediamo i frutti. E' fantastico.

Quando siete tornati insieme, per voi è cominciata una sorta di seconda vita, a partire dal genere musicale...


Tempest: La colpa è tutta sua (dice indicando Norum - ndr). Mi ha mandato questi demo con le tonalità tutte abbassate, suoni più scuri. Per me è stata un rivelazione! E l'ho subito assecondato perché trovavo queste idee fantastiche...
Norum: Adesso è tutto molto più orientato sulle chitarre e meno sulle tastiere. Ovvio che per me sia molto più divertente. Chiamala evoluzione se vuoi ma ci muoviamo senza pregiudizi, abbiamo fatto quasi ogni tipo di canzone. Se una canzone è buona lo è indipendentemente dal genere che rappresenta. E merita di essere registrata. Credo ci manchi solo una canzone reggae. Magari nel prossimo album...
Tempest: Sì! E' il nostro prossimo obiettivo: lanciare il ganja rock!

Per le band che hanno avuto successo in passato e tornano dopo tanto tempo il difficile è intercettare le nuove generazioni. Ci siete riusciti?

 
Tempest: Sì, ai nostri concerti vediamo persone della nostra età, gente che sicuramente ci seguiva trent'anni fa, ma anche ragazzini che ci hanno scoperto con gli ultimi lavori. Molti fan storici sono rimasti scioccati, però se avessimo continuato a fare album uguali a quelli degli anni 80 non avremmo avuto futuro. Invece abbiamo ripreso il cammino e la gente ci ha seguito.