Il 20 settembre la compagnia Haijie Shipping Company inaugurerà un collegamento di navi portacontainer tra l'Estremo Oriente e l'Europa, dimezzando tempi e costi
di Maurizio Perriello© ente-del-turismo
La Cina punta sull'Artico per spezzare la globalizzazione costruita e retta dagli Stati Uniti. Un proposito ambizioso, che Pechino cerca di concretizzare da anni attraverso progetti di "controglobalizzazione" come le Nuove Vie della Seta attraverso l'Asia Centrale e gli oceani caldi. Ora la cooperazione con la Russia offre però una nuova opportunità per sfidare l'egemonia americana. Il 20 settembre la compagnia di navigazione Haijie Shipping Company inaugurerà un collegamento di navi portacontainer tra l'Estremo Oriente e l'Europa, lungo una rotta commerciale che attraversa il Mar Glaciale Artico e che dimezza tempistiche (18 giorni anziché 28) e costi per le consegne di merci rispetto alle autostrade marittime che passano dall'Oceano Indiano e arrivano fino al Mediterraneo. Un progetto che mira a ridisegnare il commercio mondiale e che sfrutta gli effetti del cambiamento climatico, il quale sta sciogliendo i ghiacci a nord del pianeta a un ritmo impressionante.
Attualmente la rotta artica è percorribile soltanto pochi mesi all'anno. Le previsioni degli scienziati cinesi, in collaborazione coi loro colleghi russi, dicono però che lo scioglimento dei ghiacci sarà sempre più veloce e intenso. Per questo motivo Pechino sta trasferendo a nord il fiore della sua tecnologia, dall'estrazione di idrocarburi alle stazioni satellitari e marittime, rafforzando ancora di più il sodalizio con Mosca. Ci vorranno però decenni prima che la rotta possa rappresentare un'alternativa mercantile al resto degli oceani. Il viaggio del 20 settembre, in questo senso, risponde soprattutto a esigenze di propaganda: Pechino e Mosca vogliono mostrare a Washington che sono pronte a rompere la globalizzazione in tempi brevissimi, sostituendosi alla guida del mondo anche da subito. Ogni mossa avviene nella cornice di una sfida agli Usa, i quali fondano la loro egemonia planetaria proprio sul controllo delle rotte marittime, attraverso le quali viaggia quasi il 90% delle merci totali. Non è un caso che, da un paio di anni a questa parte, anche l'Iran abbia partecipato a questa contesa, armando gli Houthi dello Yemen e minacciando il passaggio delle navi alla base del Mar Rosso, spingendo le compagnie a circumnavigare l'Africa piuttosto che passare per il Mar Rosso e il Canale di Suez per giungere in Europa.
Tutto questo perché la globalizzazione non è un concetto astratto, ma tremendamente pratico. È il controllo dei mari e dei choke point, cioè i colli di bottiglia o stretti marittimi, da parte degli Stati Uniti. Punto. È il motivo per cui le navi americane stazionano nello Stretto di Formosa e impediscono alla Cina di prendersi Taiwan, distante appena 150 chilometri.
Torniamo al progetto artico cinese, denominato China-Europe Arctic Express. La traversata sarà effettuata dalla nave Istanbul Bridge e porterà 5mila container a tragitto. Nonostante il nome, la Turchia non c'entra nulla: l'imbarcazione è cinese al 100%. Partirà dal porto di Qingdao, a nord di Shanghai, e farà tappa nell'inglese Felixstowe, poi a Rotterdam, Amburgo e Danzica. È la prima volta che una compagnia stabilisce un collegamento regolare con l'Europa attraverso l'Artico, se si esclude la danese Maersk che nel 2018 tentò il medesimo esperimento, ma in maniera isolata.
Che ci fanno i cinesi nell'Artico, verrebbe da chiedere. Navigare l'oceano ghiacciato è un vecchio sogno. I russi ci provano da secoli: lo zar Pietro il Grande addirittura tentò di trasformare il suo Paese in una potenza marittima dotandolo di una grande flotta. Non ci riuscì, ma in ogni caso i russi hanno plasmato la loro identità e la loro strategia imperiale proiettandosi nelle acque settentrionali. L'estromissione dal Consiglio Artico, ormai formato unicamente da Paesi occidentali, non ha fermato i piani del Cremlino. Secondo il Centre for High North Logistics, la navigazione in acque artiche ha registrato tra giugno e agosto il transito di 52 navi tra Vladivostok e San Pietroburgo. Da un capo all'altro della Russia, dall'Asia all'Europa tagliando fuori degli Stati Uniti. L'intera costa artica è presidiata militarmente (e nuclearmente) da Mosca, con l'America che si pone esattamente agli estremi di questa striscia di 22mila chilometri: in Alaska e nell'Europa del Nord. Non a caso Donald Trump ha insistito molto sul controllare direttamente Canada e Groenlandia, per proiettare gli Usa nel quadrante che più di ogni altro rappresenterà (assieme allo Spazio) il terreno di scontro futuro fra le potenze.
Un ulteriore indizio che la contesa per l'Artico è in pieno svolgimento è offerto da un altro episodio recente. Il 10 settembre una grande metaniera russa, carica di Gnl (gas naturale liquefatto) e sanzionata dagli Stati Uniti, ha lasciato il terminal di Beihai, nella Cina meridionale, dopo aver portato a destinazione il suo carico. È quanto emerge dai dati di tracciamento forniti da Kpler e Lseg. La nave Zarya è salpata con un carico di oltre 160mila metri cubi di gas dal progetto Arctic Lng 2 a Gydan, nella Siberia settentrionale, il 30 luglio, per poi giungere al terminale di Tieshan, nella provincia sud-occidentale del Guangxi, il 9 settembre. Si tratta del terzo carico consegnato in Cina dal progetto Arctic Lng 2, anch'esso soggetto a sanzioni. Il primo carico, trasportato dalla nave Arctic Mulan, era arrivato al terminal di Beihai alla fine di agosto. Un secondo carico è arrivato in Cina nella prima settimana di settembre, a pochi giorni dalla visita del presidente russo Vladimir Putin a Pechino per il vertice dell'Organizzazione per la cooperazione di Shanghai (Sco) e la parata militare tenuta in occasione dell'80esimo anniversario della fine della Seconda guerra mondiale. Il progetto Arctic Lng 2, detenuto al 60% dal colosso energetico russo Novatek, era destinato a diventare uno degli impianti di gas naturale liquefatto più grandi del Paese, con una produzione annuale stimata in 19,8 milioni di tonnellate metriche. Essenza della collaborazione tra russi e cinesi, coi primi che trasferiscono idrocarburi e materie prime ai secondi in cambio di tecnologie all'avanguardia per rendere l'Oceano Artico un "lago" libero dalla presenza occidentale.