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Heather: Ecco com'è nata Cicale

La sigla si classifica al terzo posto

Sul terzo gradino dell podio delle sigle tv più amate degli anni Settanta Ottanta c'è lei, Heather Parisi.

"Cicale" è stata ed è ancora uno dei motivetti più celebri del piccolo schermo. L'arma vincente? il Tgcom l'ha domandato alla diretta interessata: Heather.

Cosa prova ad essere sul podio delle sigle più amate?
Sono lusingata. Cicale è cantata di chiunque, è stato davvero un successo trasversale. Dalle bambine di 5 anni, all’operaio, dal 15enne all'adulto: tutti intonano la sigla di Fantastico 2. L'ho ballata al Grande Fratello con Serena Garitta, ne ho interpretato una versione molto ironica con Luciana Litizzetto: ogni volta mi diverto un mondo.

Come è nata "Cicale"?
Eravamo a casa dell’autore Silvio Testi, io, lo scenografo e il coreografo e sentivamo frinire le cicale. Io non sapevo neppure come si chiamassero in italiano. Ero e sono un po' pazzarella, così ho cominciato a ballare in giardino e ho fatto il passo che poi è diventato famoso. Il giorno dopo lo provavo in sala prova e tutti i ballerini mi venivano dietro. Da questi passi poi Franco Miseria ha costruito l'intera coreografia.

Che è rimasta nel cuore e nella memoria della gente...
E’ divertente ora vedere come la gente reinterpreta la canzone, facendo una serie di smorfie e di gesti, gli stessi che facevo io, però arricchiti da nuove mosse.

Qual è il segreto della riuscita di "Cicale"?
Il segreto del successo di questa sigla sta tutto nella semplicità della coreografia, dall’energia positiva che suggerisce la musica, dall’allegria del testo.

E la sua sigla preferita?
Le mie preferite sono Crilù e Dolce Amore. Anche se amo, e quando la sento non riesco a smettere di cantarla, "La notte vola" di Lorella Cuccarini.

La tv è molto cambiata, balletti come quelli di cui lei era protagonista non si vedono più.
Sinceramente non guardo molto la tv di adesso, ma a volte faccio zapping e vedo delle cose..Preferisco non commentare. Io e le mie colleghe facevamo ore e ore di allenamento. Tutto era studiato nei minimi particolari: dai costumi alle coreografie passando per le scenografie, le luci, le inquadrature. I nostri non erano stacchetti da due minuti, ma balletti da 8/10 minuti, con cambi di costume.

Secondo lei il pubblico apprezzerebbe i grandi varietà di una volta, riproposti in chiave moderna?
Certo, il varietà non è morto e non morirà mai. Il pubblico non è stupido: sa ciò che vale e ciò che non vale nulla. Riconosce l'impegno, il talento, ma anche la fatica che sta dietro un progetto. Quando io e Lorella (Cuccarini) balliamo insieme in tv i programmi fanno picchi di Audience, questo qualcosa vuol dire.

La sigla è ancora un elemento importante?
Oggi più che di sigla parlerei di musica in generale. I programmi di adesso hanno bisogno di un'identità musicale, un gingle che lo faccia ricordare, imprimere nella mente del pubblico. Non basta più una sigla per riconoscerlo.

Cos'era che rendeva vincenti le sigle dei grandi show anni '80?
Il team, la squadra che stava dietro il palcoscenico. Le luci, le scene, gli abiti, tutte cose che raggiungono la perfezione se c’è un gruppo che lavora con intelligenza, ad hoc. Le cose improvvisate non rendono nulla. E si vede....

Emanuela Sandali