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Migranti, peschereccio di Sciacca resta 18 ore accanto a barcone in attesa dei soccorsi | L'armatore a Tgcom24: "Mi vergogno di essere italiano"

Dopo il "no" di Malta, lʼequipaggio siciliano ha assistito 50 profughi fino allʼintervento della guardia costiera. "La barca porta il nome di mio figlio morto di cancro a 15 anni, li salviamo per lui"

"Mi vergogno di essere italiano, Roma non può lasciarci senza soccorsi se chiediamo aiuto: dignitosamente facciamo il nostro lavoro, in mare giorni e giorni a pescare, senza contributi pubblici, solo sacrifici, ma non vogliamo essere abbandonati dallo Stato in queste situazioni".

Giunge amaro a Tgcom24 il commento di Gaspare Giarratano, l'armatore del peschereccio "Accursio Giarratano" di Sciacca (Agrigento), protagonista dell'ultimo salvataggio di migranti in acque maltesi. A bordo c'era l'altro figlio Carlo, al quale dava sostegno da terra mentre i soccorsi hanno impiegato 18 ore per intervenire e portare i disperati a Lampedusa. "Dopo il no di Malta, l'Italia doveva intervenire subito: battiamo bandiera europea e bandiera italiana - aggiunge - e il salvataggio è nel nostro dna. Rifarei tutto, perché quella barca porta il nome di mio figlio morto a 15 anni per cancro e salviamo tutti nel suo nome, come farebbe lui".

Migranti, peschereccio di Sciacca resta 18 ore accanto a barcone: "Non li avremmo lasciati alla deriva"

L'armatore a Tgcom24: "Non ci giriamo dall'altra parte per chi ha bisogno" "Noi soccorriamo con tutto il cuore i migranti in difficoltà, e lo facciamo anche come omaggio alla memoria di mio figlio morto: non ci si gira dall'altra parte davanti a chiunque abbia bisogno". Gaspare Giarratano, 63 anni, ha la voce ferma. E' l'armatore della "Accursio Giarratano", il motopeschereccio di Sciacca (Agrigento) che ha sospeso le proprie attività di pesca quando si trovava a circa 50 miglia dalla costa di Malta dopo essersi imbattuto in un gommone carico di migranti disidratati e in evidente difficoltà.

Non è la prima volta che a questa imbarcazione, dove al comando c'è Carlo, l'altro figlio di Gaspare, incontra sulla propria rotta barconi o piccole imbarcazioni piene di disperati. Succede spesso, anche perché l'"Accursio Giarratano" è un natante autorizzato alla pesca mediterranea, che può solcare le acque internazionali.

"Mio figlio Accursio - spiega - è morto nel 2002, dopo una lotta lunga due anni contro un male incurabile che lo aveva colpito. Se n'è andato che aveva appena 15 anni, e la nostra barca oggi porta il suo nome".

"Come potremmo voltarci dall'altra parte - aggiunge - di fronte alle richieste di aiuto che provengono da esseri umani, che possono essere anche bambini, che magari ci guardano con gli occhi di mio figlio? No, noi li salviamo, e lo facciamo anche pensando al mio ragazzo, perché lui era come noi, e da lassù ci benedice". "E tutte le volte noi facciamo il nostro dovere, sbracciandoci e aiutando uomini, donne e bambini, perché è giusto così", afferma orgoglioso l'armatore.

"Rifarei tutto", aggiunge a Tgcom24, ricordando quelle lunghe ore di paura. "Abbiamo chiamato da terra e da mare tutti, la notte si avvicinava, le persone a bordo potevano essere prese dal panico, il gommone quanto ancora poteva resistere con quel carico?".

I fatti "Non li avremmo mai lasciati alla deriva: si torna a casa dalle nostre famiglie dopo che abbiamo conosciuto la loro sorte". Ha resistito 18 ore in mare aperto, in acque territoriali maltesi, il comandante Carlo Giarratano del motopeschereccio di Sciacca (Agrigento) "Accursio Giarratano", bloccato da La Valletta dopo che l'equipaggio aveva soccorso una cinquantina di migranti a bordo di un gommone.

Il natante, interrotte le sue attività di pesca, è rimasto accanto al barcone finché una motovedetta della guardia costiera italiana ha preso in carico i migranti che raggiungeranno Lampedusa.

"Di notte non lavoriamo ma radar e luci sono sempre accese - spiega l'armatore a Tgcom24. - Così, all'improvviso, è apparso un puntino che si avvicinava al motopesca, finché non è arrivato sotto. E' allora che qualcuno ha tentato di salire a bordo per la disperazione". "Abbiamo dato acqua, pane, tutta l'assistenza possibile - continua, - ma temevamo che non arrivasse nessuno in aiuto".

"Adesso ci sentiamo più tranquilli, possiamo tornarcene a casa", ha detto, alla fine dell'estenuante attesa, il comandante del motopeschereccio Carlo Giarratano. 

E a chi contesta il vostro gesto cosa rispondete? "Sono orgoglioso di quello che abbiamo fatto - conclude l'armatore a Tgcom24. - Da 24 ore riceviamo telefonate e messaggi di solidarietà da conoscenti e sconosciuti. Chi polemizza è uno sciacallo e lascia il tempo che trova. Da quando avevo 10 anni faccio il pescatore e con lo stesso orgoglio non mi girerò mai dall'altra parte".

"Sciacca è onorata di avere, tra i suoi figli, persone come voi", ha comunicato il vicesindaco Gisella Mondino alla famiglia Giarratano.