quando il cibo "divora" le città

Foodification, cos'è il fenomeno che sta rovinando le città (italiane in primis)

Il "New York Times" denuncia la gentrificazione gastronomica che trasforma i centri storici in parchi a tema cibo. Da Palermo a Milano, ristoranti fotocopia sostituiscono botteghe storiche mentre i residenti fuggono

di Giuliana Grimaldi
22 Ott 2025 - 08:40

Dehors a perdita d'occhio. Distese di menù a base di lasagne, limoncello e tiramisù. Legioni di buttadentro che invitano ad accomodarsi nel primo tavolino libero e a sperimentare le delizie della tradizione culinaria italiana, magari rivisitate in chiave moderna.

© New York Times

© New York Times

Si chiama "foodification" ed è una nuova forma di gentrificazione che sta ridisegnando le città: il termine, coniato nel 2010 dal "Brooklyn Paper", descrive la trasformazione urbanistica legata non più all'arte o alla cultura, ma alla presenza massiccia di locali che sostituiscono i negozi tradizionali, modificando il tessuto sociale ed economico di interi quartieri. Il "New York Times" ha acceso i riflettori su questo fenomeno con un reportage dedicato al Belpaese dal titolo emblematico: "Spritz e carbonara hanno mangiato l'Italia", tutto sulla gentrificazione alimentare che sta trasformando i centri storici in scenari gastronomici dove botteghe e negozi locali cedono il posto a bistrot, wine bar e locali "instagrammabili". 

I numeri e i luoghi del food

 Il quotidiano americano parla senza mezzi termini di "parchi divertimento del cibo" dove molti ristoranti si somigliano e offrono piatti simili. I numeri del resto supportano questa tesi: i soggiorni enogastronomici sono cresciuti del 176% tra 2023 e 2024, con 2,4 milioni di presenze internazionali e una spesa di quasi 400 milioni di euro.

Il turismo enogastronomico è quasi triplicato nell'ultimo decennio, rappresentando oggi il 13% dell'economia italiana. Ma dietro questi dati economici si nasconde un'emergenza sociale: Roma ha perso un quarto dei suoi residenti negli ultimi cinque anni, e anche Venezia e Firenze vivono uno spopolamento altrettanto veloce quanto inesorabile, con un ritmo molto più alto nelle grandi città d'arte rispetto ad altre aree del Paese.

A Milano, nella Chinatown di via Paolo Sarpi, tra il 2009 e il 2015 gli esercizi di food and drink sono aumentati del 30%. A Bologna, tra 2009 e 2018 si è verificata una crescita della ristorazione del 27%, quasi il doppio della media nazionale, e del 72% per i take away. A Catania, bar e pub circondano il Teatro Bellini e una storica libreria ha dovuto cedere il passo a kebab e salumerie. A Roma, nel Ghetto ebraico, la curiosità crescente verso il cibo locale ha reso possibile l'incremento del numero di ristoranti, come ha documentato la rivista "Gastronomica" dell'University of California Press.
 

Il fenomeno colpisce tutta l'Europa del Sud

 La foodification non è però solo italiana. È nata la rete "Set, Sud Europa contro la turistificazione", che mette insieme città come Venezia, Valencia, Siviglia, Palma, Pamplona, Lisbona, Malta, Malaga, Madrid, Girona, Donostia/San Sebastian, Canarie, Camp de Terragona e Barcellona per combattere i mali del turismo. I presupposti riguardano l'aumento della precarizzazione del diritto all'alloggio, conseguenza di processi di gentrificazione legata alla speculazione immobiliare per fini turistici, e la trasformazione delle attività commerciali di prossimità in attività turistiche che non rispondono più alle esigenze della popolazione locale.

A Barcellona, secondo il portale Idealista, in alcuni quartieri gli affitti sono saliti del 15% rispetto ai picchi del 2007. Un aumento vertiginoso, favorito anche dal proliferare di appartamenti turistici che sfiorano le 16mila unità, di cui il 40% senza licenza. Ad Amsterdam la gentrificazione e la crisi abitativa stanno mutando il modo di vivere i centri urbani, con prezzi triplicati come già avvenuto a Berlino.

Le cause: overtourism e la legge del profitto

 L'Indice Complessivo di Sovraffollamento Turistico 2025 elaborato dall'Istituto Demoskopika identifica dieci città italiane con livello "molto alto" di overtourism: Rimini, Venezia, Bolzano, Livorno, Napoli, Milano, Trento, Roma, Verona e Trieste. Rimini e Venezia registrano rispettivamente oltre 17mila e quasi 16mila presenze per chilometro quadrato. Sul fronte dell'intensità turistica, Bolzano primeggia con quasi 69 visitatori per residente, seguita da Venezia con 47 turisti per abitante. E come sottolinea il "New York Times", vendere una stereotipata selezione di piatti della cucina italiana a folle spendaccione che scendono dalle navi da crociera si è rivelato più redditizio che sopravvivere con un banco di frutta o pesce rivolto a una clientela locale in calo.
 

Colpa del web e dei social media?

 Il 70% degli italiani ha dichiarato che la gastronomia è stata una delle principali motivazioni per le vacanze nel periodo ottobre 2024-marzo 2025. Gli esperti sottolineano che la diffusione dei social media ha reso il cibo un elemento centrale nelle esperienze di viaggio. L'hashtag #Food si trova in circa 250 milioni di post pubblicati su Instagram, mentre il 38% degli utenti della piattaforma guarda contenuti legati al cibo e il 27% li condivide.

L'Italia sembra trasformarsi in una grande scenografia gastronomica, perdendo parte della complessità e dell'autenticità che l'hanno resa unica. Al posto dei negozi di quartiere spuntano ristoranti fotocopia pensati per essere "instagrammabili", a colpi di piatti di spaghetti "perfetti per le foto". Le decisioni di viaggio vengono sempre più influenzate dai social media, con Instagram, TikTok e YouTube che giocano un ruolo centrale per le generazioni più giovani. Il 25% dei turisti italiani afferma di ispirarsi a programmi e serie tv dedicate all'enogastronomia.

Le ricadute sui residenti

 Roma ha perso un quarto dei suoi residenti negli ultimi cinque anni e anche Venezia e Firenze stanno vivendo una metamorfosi simile, con un ritmo molto più alto nelle grandi città d'arte che altrove. Le insegne dei Bed&Breakfast che assiepano i muri dei palazzi storici tolgono spazio ai residenti. A Venezia, ogni abitante deve "sopportare" quasi 47 turisti, mentre a Bolzano il rapporto è ancora più drammatico: 69 turisti per ogni residente. In queste città, il rapporto turisti-abitanti è talmente sbilanciato da influenzare profondamente la vita quotidiana, portando a potenziali tensioni sociali, saturazione dei servizi e aumento dei costi abitativi.
 

Le contromisure per provare ad arginare il fenomeno

 Diversi comuni stanno provando a mettere un freno a questa tendenza. Il sindaco di Palermo Roberto Lagalla ha bloccato per un anno le nuove aperture di ristoranti in via Maqueda, strada con 31 ristoranti, per evitare che la città diventi un "villaggio del cibo". Firenze ha varato un provvedimento che vieta nuove aperture in 50 strade del centro cittadino. Nel 2023 un tentativo simile era stato fatto a Napoli, dove il Comune ha imposto un blocco triennale alle nuove licenze alimentari nel centro storico Patrimonio Unesco. Venezia è stata la prima città a introdurre un ticket d'accesso per i visitatori giornalieri, mentre Firenze ha avviato misure come il divieto di keybox nel centro storico e discute l'introduzione di un ticket d'ingresso sul modello veneziano.

Come suggerisce "Il New York Times" forse non è la carbonara il problema, ma che non sappiamo più distinguere il sapore del reale dal suo racconto e dalla sua rappresentazione.