Il balzello della discordia

Ristoranti e supplementi "insoliti": il caso del piatto diviso è davvero legale?

Dal taglio del croissant al sovrapprezzo per il piatto condiviso, crescono i casi in cui i clienti si ritrovano costi extra sul conto. Ma sono davvero leciti? E cosa succede all’estero?

17 Set 2025 - 11:40
 © Gemini

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Negli ultimi mesi, diversi episodi di "sovrapprezzi curiosi" in ristoranti italiani hanno attirato l'attenzione di stampa e utenti social: dal toast tagliato a metà al croissant diviso per due, fino al costo per una spolverata di pepe. Pratiche che, in alcuni casi, hanno generato polemiche e indignazione, specie quando i clienti si sono accorti del supplemento solo a fine pasto. Ma è davvero legale far pagare per la divisione di un piatto? E come si regolano altri Paesi in situazioni simili? L'analisi del fenomeno – con esempi reali, riferimenti normativi e confronti internazionali – chiarisce i contorni di una questione sempre più discussa.

Quando è lecito far pagare supplementi al ristorante

 In Italia, non esiste una norma che vieti esplicitamente l'applicazione di costi extra per servizi come il taglio di una torta portata da casa o la divisione di un piatto. Tuttavia, la legittimità di tali supplementi dipende da un principio fondamentale previsto dal Codice del Consumo: la trasparenza.
Ogni prezzo aggiuntivo deve essere comunicato al cliente in modo chiaro e anticipato, idealmente nel menù o tramite listino esposto all'ingresso. In assenza di tale informazione, il cliente può ritenersi ingannato e, secondo le associazioni dei consumatori, ha il diritto di contestare l'addebito.

Massimiliano Dona, presidente dell'Unione Nazionale Consumatori, ha dichiarato che "non esiste una legge che vieti il supplemento per servizi extra, ma deve essere segnalato prima, altrimenti si può parlare di pratica commerciale scorretta". Anche l'esposizione del listino prezzi, laddove previsto, è obbligatoria per legge in molte regioni italiane.

I casi più discussi in Italia: croissant, toast e pepe nero

 Tra gli episodi più noti emersi negli ultimi mesi, spicca il caso di un bar a Lago di Como, dove un cliente ha chiesto di dividere un toast con la compagna. Al momento del conto, ha trovato una voce da 2 euro per "divisione a metà", con tanto di voce distinta. Il ristoratore ha spiegato che il supplemento copre "l'uso di due piatti, tovagliette, tempo del personale e pulizie".

Altro caso emblematico a Oderzo (Treviso), dove una cliente ha ordinato un croissant e chiesto di dividerlo con la madre. Il locale ha addebitato 10 centesimi per il taglio. Anche qui, la titolare ha giustificato il costo come compensazione per stoviglie e servizio.

A Bari, un'altra segnalazione ha fatto discutere: 50 centesimi per una richiesta di pepe nero extra da aggiungere alla pizza. "Ogni elemento fuori dal piatto base comporta un piccolo costo", ha replicato il gestore. In tutti i casi, la polemica nasce non tanto dall'importo, quanto dalla scarsa trasparenza.

Perché alcuni ristoratori li applicano: la difesa dei costi extra

 Dal punto di vista dei ristoratori, questi supplementi non sono un abuso ma una forma di compensazione per costi reali. Tagliare una torta richiede piatti, posate, tovaglioli, tempo del personale per il servizio e la successiva pulizia. In alcuni casi, l'operazione comporta anche responsabilità aggiuntive in termini di igiene o rischio alimentare (se, ad esempio, la torta è portata da casa).

Lo stesso vale per la divisione di un piatto: se il cliente chiede che una portata venga servita in due piatti, il ristoratore sostiene spese superiori, tra cui maggior tempo e risorse in cucina e sala. Tuttavia, le associazioni dei consumatori ribadiscono che la legittimità si basa sempre sulla preventiva comunicazione.

Cosa prevede la legge: diritti del cliente e obblighi del locale

 In base alla normativa italiana, un ristorante può applicare qualsiasi costo extra, purché questo venga esplicitamente indicato prima dell'ordine. In caso contrario, il cliente può contestare l'importo come pratica commerciale scorretta ai sensi del Codice del Consumo.

Il locale ha l'obbligo di esporre i prezzi di ogni voce prevista, sia nei menù che nei locali pubblici, soprattutto se si tratta di voci fisse o obbligatorie. Alcune Regioni richiedono espressamente che anche il servizio venga indicato come costo aggiuntivo. Il cliente non può essere sorpreso a fine pasto da un importo non concordato.

Nel caso in cui il costo sia facoltativo (come ad esempio per il taglio della torta), ma non segnalato prima, può esserci spazio per un reclamo formale o persino una segnalazione all'Antitrust.

Cosa succede all'estero: Usa, Gb, Francia, Germania e norme Ue

 Negli Stati Uniti, è comune trovare nei menù voci come "split plate fee" o "sharing charge", con supplementi da 2 a 5 dollari per ogni piatto diviso. La pratica è considerata legittima solo se segnalata prima. Ogni Stato ha regole diverse, ma in generale prevale il principio di trasparenza pre-contrattuale.

Nel Regno Unito, normative recenti hanno vietato i cosiddetti "hidden fees", ovvero costi nascosti che appaiono solo al momento del pagamento. La legge impone che ogni supplemento sia comunicato prima dell'acquisto. Anche i costi di servizio devono essere dichiarati chiaramente e distinti nel menu.

In Francia, è prassi consolidata che i prezzi indicati nel menù includano già il servizio: la dicitura "service compris" è obbligatoria. Supplementi come il taglio della torta o la divisione di un piatto sarebbero considerati non conformi se non espressamente previsti e visibili in anticipo.

In Germania, alcuni ristoranti hanno introdotto costi extra in contesti diversi (come penali per sprechi alimentari nei buffet), ma non emergono casi diffusi di supplementi per piatti divisi. Tuttavia, anche qui vige l'obbligo di trasparenza: ogni costo deve essere comunicato e giustificato.

A livello di Unione Europea, il diritto dei consumatori impone che ogni costo aggiuntivo venga chiarito prima dell'acquisto del servizio, e che non vengano introdotti importi imprevisti nel momento del pagamento. La trasparenza è un requisito legale in tutto il territorio Ue.

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