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Addio Sandra, eterna fanciullina

Aveva cominciato prestissimo, Sandra.

Era il 1949 quando esordiva a teatro all'età di 18 anni in una commedia di Marcello Marchesi. Poi il cinema e la rivista, accanto a Macario, quindi la tv, fin dal giorno del battesimo del piccolo schermo. Il 3 gennaio del 1954 c'è anche lei: partecipa infatti a "Settenote", e nello stesso anno entra nel cast di altri tre show televisivi.

Sessant'anni di carriera, praticamente, una longevità artistica costante nel tempo che solo la malattia è riuscita a frenare. Ma fino a un certo punto. Perché anche su quello lei e Raimondo erano riusciti sorridere e a far sorridere: Sandra diceva che solo lui conosceva la cura per il suo male; Vianello, con un sorriso malizioso, le rispondeva che mai e poi mai gliel'avrebbe rivelata.

Già, Raimondo. Oltre mezzo secolo di vita insieme, tra set, palcoscenici, studi televisivi, e, naturalmente "casa". I due come un perfetto yin e yang, una cosa sola ma due cose diverse nello stesso tempo, due personalità ben definite che si alimentavano l'una con l'altra, sulle scene come nella vita.

Cinque mesi fa, quando salutammo Vianello, ricordavamo l'infinita serie di varietà in televisione e le decine di film che i due avevano interpretato insieme. Ma, artisticamente parlando, entrambi avevano le loro "scappatelle". Se Raimondo "tradiva" Sandra col calcio, lei si svestiva dei panni della moglie rompiscatole, gelosa e a tratti isterica, per entrare in quelli di Sbirulino, personaggio-mito per i più piccoli a cavallo tra gli anni '70 e gli anni '80.

Truccata da clown, forse mostrava la sua essenza più naturale, un animo bambino, spensierato e giocherellone. E del bambino che le ruggiva dentro, accanto a Raimondo faceva emergere il lato capriccioso, prepotente, viziato, testardo e bizzoso. Gli effetti, come dimenticarlo, sono sempre stati esilaranti, irresistibili.

E anche senza lei, ovviamente, la tv sarà più povera. Una tv sulla quale sarà più facile dire: "Che barba, che noia!"

Domenico Catagnano