Stadio di Roma, Di Maio: "Lanzalone deve dimettersi da presidente di Acea"
Lombardi: "Portato dai capi del movimento che si occupavano degli enti locali. Si individuino le responsabilità e si faccia ammenda". E spunta anche una donazione a unʼassociazione vicina alla Lega
"Luca Lanzalone si deve dimettere da presidente di Acea" dopo l'arresto nell'ambito delle indagini sulla costruzione del nuovo stadio della Roma. E' quanto ha dichiarato il ministro del Lavoro e dello Sviluppo economico, Luigi Di Maio, aggiungendo: "Lo consideravamo una persona preparata, ma chi è ai domiciliari non può mantenere una tale carica. Mi aspetto che si dimetta nelle prossime ore, da noi chi sbaglia paga".
"Chi ha sbagliato paghi" - Il Movimento 5 stelle sceglie la linea dura dunque nei confronti di un uomo che, a sentire la capogruppo in Regione Lazio Roberta Lombardi, è stato portato "da chi si occupava degli enti locali". "Sono rimasta esterrefatta dalla notizia sia dell'arresto che dell'indagine su Ferrara (capogruppo M5s a Roma) - dice la Lombardi a Repubblica -. Mai avrei pensato che episodi del genere potessero riguardare il mio movimento".
E aggiunge che chi ha dato a Lanzalone il potere "ha commesso un grave errore politico e deve chiarire", quindi che "i M5s individuino le responsabilità politiche e si faccia ammenda". Lanzalone, spiega, "è entrato in contatto con il gruppo che gestiva gli enti locali, da Livorno, dove ha lavorato per il risanamento dell'Aamps, fino a Roma, dove dopo il caso Marra fu messo a controllare tutto quello che Raggi aveva firmato nei mesi incui lo aveva avuto come braccio destro". A occuparsi degli enti locali a Roma, scrive ancora Repubblica, erano Luigi Di Maio, Alfonso Bonafede e Riccardo Fraccaro.
Ma la Lombardi i nomi non li fa e ribadisce: "Ho detto il gruppo degli enti locali" raccontando poi del suo scontro con l'avvocato sullo stadio della Roma. Lanzalone, dice, "insisteva su quel progetto che non poteva essere revocato senza grosse penali. Io chiesi un parere a un importante studio legale e lo fermai. Lui diceva che per fortuna non ero diventata presidente perché non so fare politica. Sono fiera di non saper fare quel genere di politica".
Parnasi e i 250mila euro a Più voci - Il macigno giudiziario che si sta riversando sulla giunta capitolina passava in gran parte, secondo le carte, dall'altra figura chiave, l'imprenditore Luca Parnasi. A lui sarebbe da imputare il versamento di 250mila euro, fatto tramite una sua società, all'associazione "Più voci" considerata vicina alla Lega. In un'intercettazione telefonica il costruttore parla di quel versamento dicendo che "non è stato fatto per Salvini, ma per creare un sistema di imprenditori, appaltatori".
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