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San Suu Kyi, condanna a domiciliari

Sentenza emessa dalla corte birmana

La dissidente birmana Aung San Suu Kyi è stata giudicata colpevole di aver violato la legge sulla sicurezza, e la corte birmana ha emesso la sentenza che la condanna a tre anni di reclusione.

La condanna è stata però commutata dalla giunta militare al potere a 18 mesi di arresti domiciliari. A 7 anni di lavori forzati è stato invece condannato il pacifista americano John Yettaw che a maggio aveva raggiunto a nuoto l'abitazione di Aung San Suu Kyi.

Più pesante il verdetto a carico del co-imputato di Suu Kyi, il 54enne statunitense John Yettaw, in tutto sette anni di lavori forzati: tre ancora per violazione delle leggi sulla sicurezza, altrettanti per immigrazione illegale nel Paese asiatico, e infine uno per violazione delle norme municipali sull'attività natatoria. Fu infatti a nuoto che lo scorso maggio il bizzarro personaggio raggiunse la villetta dell'assegnataria del premio Nobel per la Pace 1991, una modesta villetta in riva a un lago artificiale, alla periferia della vecchia capitale birmana Yangon, già nota come Rangoon.

Suu Kyi lo ospitò per due notti a casa propria, secondo il regime in tal modo infrangendo i termini sulla base dei quali le erano stati concessi gli arresti domiciliari, condizione nella quale la 63enne numero uno della Lnd, la Lega Nazionale per la Democrazia, ha trascorso la maggior parte degli ultimi diciotto anni. Entrambi furono così arrestati. Da allora Yettaw, che soffre di diabete, è stato più volte ricoverato in ospedale, l'ultima una settimana fa, in preda a convulsioni di tipo epilettico; lunedì comunque era stato dimesso e tradotto nuovamente in carcere.

La Ue protesta
L'Unione europea, con un comunicato della presidenza, ha condannato il verdetto di colpevolezza emesso contro Aung San Suu Kyi annunciando che "risponderà con sanzioni supplementari verso i responsabili della condanna". Secondo l'Europa, "il processo contro San Suu Kyi è ingiustificato e va contro il diritto nazionale e internazionale", e per questo la Ue chiede "l'immediato rilascio della leader dell'opposizione birmana".

"Serve un'indagine"
In una lettera aperta inviata ai 15 membri del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, 14 premi Nobel hanno chiesto di "approvare una risoluzione per la creazione di una commissione di inchiesta" che indaghi sui crimini contro l'umanita' commessi in Birmania. "Abbiamo assistito ad un altro esempio di grossa ingiustizia commessa dal regime birmano, crediamo che sia arrivato il tempo di mettere fine all'impunita' e ai crimini militari", hanno scritto i firmatari della lettera.