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Marco Mengoni: "Un live maratona per esprimere la mia creatività"

Eʼ partito dal Pala Alpitour di Torino il tour del cantante romano, tra nuovi arrangiamenti ed effetti scenici spettacolari. Tgcom24 cʼera

E' partito da Torino, in un Pala Alpitour tutto esaurito, il #mengonilive2016, dove Marco Mengoni chiude anche in forma di concerto l'esperienza della playlist aperta di "Parole in circolo" e "Le cose che non ho".

Uno show di più di due ore, con arrangiamenti nuovi e un impianto tecnologico spettacolare. "Il live permette di fare uscire tutta la creatività - spiega lui -. Questo è il primo spettacolo che mi ha impegnato tanto da non pensare al futuro".

Seconda parte per un tour iniziato di fatto nel 2015 e che vedrà la sua conclusione a dicembre, con tanto di segmento internazionale con date in tutta Europa, dopo alcuni festival estivi. Ma se quello è il futuro prossimo, il presente sono quindici appuntamenti su e giù per l'Italia fino al 22 maggio (con doppia chiusura all'Arena di Verona), già tutti esauriti, per uno show interattivo e tecnologicamente avanzato. "Sento di essere cresciuto e maturato. Ho iniziato a lavorare su questo tour già da quello precedente - spiega Marco -.Questo show è una maratona. Anzi, l'ho definito un concerto triathlon perché è un susseguirsi di qualsiasi cosa".

Quello del #mengonilive2016 è un palco dalle linee estremamente pulite, dove l'elemento scenografico è rappresentato da una serie di schermi mobili che formano ora il cubo dal quale esce Marco per intonare l'apertura di "Ti voglio bene veramente", ora fanno da sfondo rimandando frattali, ora diventano classici schermi laterali. Ma il momento clou è quando si spostano... sul pubblico. Questo avviene a metà show, su "Pronto a correre". Due maxi schermi scivolano sopra la platea con Marco al seguito, che vola sul pubblico per raggiungere un palchetto al centro del parterre, con gli schermi che si piegano sulla sua testa a formare una scenografia nuova. "Il palco era nato con meno “spostamenti” - sottolinea lui nel commentare la scelta del doppio stage - ma a un certo punto sentivo il bisogno di essere sempre più vicino al pubblico. Ho voluto così creare un secondo palco per essere al centro della gente".

La scaletta è ampiamente strutturata sugli ultimi due lavori, con qualche incursione nel primo "Solo 2.0" e con un'unica cover, "Freedom" di Pharrell William, dove Mengoni retrocede a ruolo di corista mentre le protagoniste diventano le vocalist Yvonne Park e Barbara Comi. "Scalette sempre più difficili da mettere insieme - dice lui -. Ho semplicemente messo insieme i pezzi che istintivamente sentivo più giusti per questo tour". I pezzi che sentiva più giusti ma che comunque sono passati sotto la sua insaziabile voglia di continua evoluzione. E così anche brani recentissimi, come "Parole in circolo", sono stati riarrangiati in maniera decisa. Anche perché ad accompagnare il cantante c'è un gruppo nutrito e duttile, in grado di passare dal pop elettronico alle atmosfere spagnoleggianti di "Solo", con il trio di fiati e la chitarra di Peter Cornacchia sugli scudi. Ma anche di dare vita a una parentesi funky decisamente torrida dove spiccano "I Got The Fear" e "Una parola", anticipata da un intro elettronificata di "I Feel Love" di Donna Summer e interpolata da accenni di "Billie Jean" di Michael Jackson.

Volo sul pubblico a parte, tra i momenti clou dello show c'è l'interpretazione di "Esseri umani" seduto su un divano sospeso sul palco e introdotta da un discorso sui diritti e sulla famiglia, nel quale Mengoni afferma di credere "in una famiglia che ti accoglie, non ti giudica e si prende cura di te: questa è l'unica definizione che conosco". E poi "Solo due satelliti" (nuovo singolo e video), "L'essenziale", tra i momenti di maggior coinvolgimento del pubblico, e "La valle dei re", scritta per lui da Cesare Cremonini, che chiude il set ufficiale. 

Gran finale con "Guerriero". Significativo, perché finire lo show con il brano che apriva il tour precedente è la metafora di un cerchio che si chiude; coinvolgente, con un intro quasi tribale, con due musicisti incappucciati a suonare un timpano a tracolla uno e un rullante un altro, mentre il secondo si alza in volo e i maxi schermi moltiplicano le loro immagini. E la sorpresa è grande quando il primo percussionista si rivela essere Marco stesso. L'entusiasmo è tale che c'è tempo anche per una "Kiss" improvvisata, per omaggiare Prince e regalare qualche momento in più al pubblico. Pronto per gli stadi dunque? "C'è tempo - frena lui -. Sono ancora troppo giovane".