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Abramovich, falso fermo gli costa 132 mln dlr

LʼFbi smentisce la notizia delle manette. Per lʼavvocato russo Alexander Dobrovinski (legale di Boris Berezovski, lʼex oligarca russo trovato morto a Londra), il patron del Chelsea sarebbe stato interrogato sullʼassegnazione alla Russia dei Mondiali di calcio del 2018

LaPresse

Il portavoce del Fbi, Paul Bresson, ha smentito il fermo del miliardario russo Roman Abramovich negli Stati Uniti. A diffondere la notizia era stata la tv russa Rbk, subito smentita dal portavoce del magnate, proprietario anche della squadra di calcio del Chelsea, che aveva detto: "Sono sciocchezze". La falsa notizia ha avuto tuttavia pesanti ripercussioni sulle finanze di Abramovich.

L'emittente russa, citando proprie fonti, aveva riferito di un fermo di Abramovich in Usa precisando che non era ancora chiaro se il presunto provvedimento fosse legato alla sua attività imprenditoriale o alla morte a Londra dell'oligarca Boris Berezovski, suo ex socio e poi avversario.

La falsa notizia gli costa 132 mln dollari - In pochissimo tempo la notizia del fermo ha fatto il giro del mondo andando ad influenzare pesantemente le società di Abramovich quotate in Borsa che, tra Londra e Mosca, hanno perso dal 3% al 6% per un valore complessivo di 132 milioni di dollari.

Forbes: "Abramovich a New York con la compagna incinta" - Abramovich si troverebbe da febbraio a New York, dove sarebbe arrivato con il suo maxi yacht Eclipse per accompagnare la sua compagna incinta Daria Zhukova, pare desiderosa di partorire negli Usa. Lo riferisce l'edizione russa di Forbes, secondo cui il magnate avrebbe intenzione di trattenersi nella Grande Mela sino a metà aprile.

"Abromovich interrogato su assegnazione Mondiali 2018" - L'ultima indiscrezione sul giallo del fermo di Abramovich arriva dall'avvocato russo Alexander , uno dei legali di Boris Berezovski (l'ex oligarca russo trovato senza vita sabato nella sua villa londinese). Secondo Dobrovinski, il patron del Chelsea sarebbe stato interrogato negli Usa dall'Fbi in merito all'assegnazione alla Russia dei Mondiali di calcio del 2018, nell'ipotesi che la scelta sia stata condizionata dalla corruzione.