l'analisi e i consigli dell'esperta

Ondate di calore record, che fare? "Siamo ancora in tempo per attenuare il fenomeno"

La climatologa Serena Giacomin spiega a Tgcom24 che il riscaldamento globale non è un problema del futuro, ma presente e per questo non bisogna perdere tempo

di Giuliana Grimaldi
04 Lug 2025 - 06:00
 © Istockphoto

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Le temperature bollenti che in questi giorni stanno colpendo l'Italia e l'Europa meridionale non sono più un'eccezione estiva: rappresentano la nuova realtà di un clima che sta cambiando rapidamente. Con anomalie termiche di 7-8°C sopra la media e ondate di calore sempre più frequenti e intense, il nostro Paese subisce temperature insostenibili che arrivano anche a mietere vittime. Ma siamo ancora in tempo per invertire la rotta?

L'impatto delle ondate di calore

 Le ondate di calore non sono solo una questione di disagio a cui rispondere con acqua ghiacciata, ventaglio e condizionatore: rappresentano uno dei fenomeni meteorologici più letali e preoccupanti. In Europa, il caldo estremo causa ogni anno circa 175mila morti premature, secondo i dati dell'Organizzazione Mondiale della Sanità, con un trend in costante crescita. L'estate 2023 ha registrato il record di decessi correlati al calore, con oltre 61mila vittime nel solo continente europeo.

L'Italia è particolarmente esposta: durante le ondate di calore la mortalità aumenta del 18-20% nelle persone sopra i 65 anni, mentre i ricoveri ospedalieri salgono del 15-25%. I soggetti più vulnerabili - anziani, bambini, persone con patologie croniche e lavoratori all'aperto - pagano il prezzo più alto di un fenomeno che trasforma le nostre città in vere e proprie trappole termiche.

Il conto economico del caldo estremo

  Oltre alle vite umane, le ondate di calore presentano un conto economico sempre più salato per l'Italia. Nel 2025, il caldo estremo costerà al nostro Paese l'1,2% del Pil, secondo uno studio di Allianz Trade: una perdita doppia rispetto alla media globale (-0,6%) e quattro volte superiore a quella di Francia (-0,3%) e Germania (-0,1%).

I numeri sono drammatici: secondo l'Organizzazione Internazionale del Lavoro, lo stress da calore ha già causato una perdita del 2,2% delle ore lavorative potenziali globali, pari a circa 80 milioni di posti di lavoro a tempo pieno. Nel 2021 sono andate perse 470 miliardi di ore lavorative mondiale, con un incremento del 37% rispetto agli anni '90. La capacità di svolgere lavoro fisico crolla del 40% con temperature di 32°C e si riduce di due terzi a 38°C.

"Un giorno con temperature estreme superiori a 32 gradi equivale all'incirca a mezza giornata di sciopero", spiega Jasmin Gröschl, senior economist di Allianz Trade. "Con l'aumento dei cambiamenti climatici, ondate di calore, siccità e incendi stanno diventando la 'nuova normalità', a cui l'economia deve adattarsi per evitare gravi perdite a lungo termine".

L'analisi di Serena Giacomin

 Fisica dell'atmosfera e climatologa, meteorologa di Meteo.it e direttrice scientifica dell'Italian Climate Network, Serena Giacomin spiega a Tgcom24 cosa sta accadendo al clima del Mediterraneo e quali strategie possiamo adottare per fronteggiare l'emergenza.

Negli ultimi anni sentiamo sempre più spesso parlare di "bombe di calore". È il fenomeno che stiamo vedendo in questi giorni? Il caldo estremo è un fenomeno realmente in aumento o c'è solo una maggiore attenzione mediatica? Il termine "bomba di calore" in realtà non ha alcun significato scientifico: è un'espressione giornalistica usata per descrivere un'ondata di caldo particolarmente intensa. Dal punto di vista scientifico, invece, parliamo di "ondate di caldo" quando le temperature superano in modo significativo, e per diversi giorni consecutivi, la norma climatica. In questi giorni, per esempio, stiamo effettivamente vivendo un'ondata di caldo eccezionale sia per intensità sia per durata, con anomalie termiche che in alcune zone hanno raggiunto anche 7-8°C sopra la media per più giorni. Non si tratta solo di una maggiore attenzione mediatica: la frequenza e l'intensità delle ondate di caldo stanno aumentando nettamente, come confermato da numerosi studi internazionali e dagli ultimi report dell'IPCC, il Gruppo Intergovernativo sui Cambiamenti Climatici delle Nazioni Unite. Questo è un chiaro segnale del riscaldamento globale che spesso immaginiamo come un problema del futuro, ma che in realtà è già estremamente presente.

L'Italia e il Mediterraneo sembrano essere sempre più al centro di questi fenomeni estremi. Quali caratteristiche geografiche e climatiche ci rendono particolarmente vulnerabili? Siamo particolarmente esposti perché il Mediterraneo è un mare chiuso, con una capacità limitata di mitigare il calore rispetto a un oceano. Inoltre, la nostra posizione geografica, molto vicina al Nord Africa, ci espone direttamente alle masse d'aria subtropicali che alimentano le ondate di caldo. Stiamo anche osservando un cambiamento nella circolazione atmosferica estiva: un tempo l'estate era caratterizzata dall'anticiclone delle Azzorre, oggi invece sempre più spesso domina l'anticiclone nordafricano, che porta aria estremamente calda fino all'Italia. Va poi ricordato che il Mediterraneo e l'Europa meridionale sono considerati un vero e proprio hotspot climatico, ossia una delle aree più vulnerabili al riscaldamento globale a livello mondiale.

Guardando ai prossimi 10-20 anni, che scenario dobbiamo aspettarci? Le ondate di caldo diventeranno la nuova normalità estiva? Le proiezioni indicano che le ondate di caldo diventeranno più frequenti, intense e durature, rendendo episodi di temperature sopra i 35°C sempre più comuni. Tuttavia, è fondamentale ribadire che non possiamo accettare passivamente questa come una "nuova normalità": il nostro sistema socioeconomico è stato progettato su un clima diverso, e non è pronto per queste condizioni. Serve un rapido adeguamento delle infrastrutture e della gestione del rischio, perché altrimenti ogni ondata di caldo continuerà a mettere a dura prova salute, economia e sistemi urbani.

Tra le strategie di mitigazione quali ritiene più efficaci e realisticamente applicabili nel breve termine, sia a livello individuale sia istituzionale? Innanzitutto è importante distinguere tra mitigazione e adattamento: la mitigazione comprende tutte le azioni volte a ridurre le emissioni di gas climalteranti, affrontando le cause alla base del riscaldamento globale, mentre l'adattamento riguarda le misure per ridurre gli impatti dei fenomeni estremi, rendendo persone, territori e sistemi più preparati a convivere con un clima che sta diventando sempre più critico. Nel breve termine, le strategie più efficaci e realisticamente applicabili sono quelle di adattamento: a livello istituzionale è fondamentale una comunicazione chiara, tempestiva e rigorosa, trattata come un vero servizio pubblico per ridurre l'esposizione al rischio, e l'attuazione delle azioni già previste dal Piano Nazionale di Adattamento al Cambiamento Climatico, come interventi per migliorare la gestione del verde urbano o per adattare le infrastrutture alle alte temperature. A livello individuale, ciascuno di noi può adottare comportamenti di autoprotezione, come evitare attività all'aperto nelle ore più calde, idratarsi correttamente, proteggere le persone più vulnerabili e informarsi sulle previsioni meteo.

Cosa può fare concretamente oggi un cittadino per contribuire alla lotta contro il caldo estremo? Ogni cittadino può fare molto, a partire dall'informarsi e dal diffondere informazioni corrette, anche attraverso i social, per sensibilizzare chi gli sta intorno. Può imparare e applicare le norme di autoprotezione civile, ridurre i propri consumi energetici, migliorare l'efficienza delle proprie abitazioni e diminuire le proprie emissioni personali. Può soprattutto chiedere con forza ai propri rappresentanti politiche serie su adattamento e mitigazione, votare in modo consapevole e partecipare attivamente a iniziative collettive per spingere le istituzioni a considerare la crisi climatica come una priorità. Piccoli gesti individuali possono diventare estremamente potenti se trasformati in azioni collettive.

La domanda che tutti ci facciamo: considerando l'accelerazione di questi fenomeni estremi, siamo ancora in tempo per invertire la rotta o dobbiamo solo imparare a convivere con un clima sempre più ostile? Siamo ancora in tempo per ridurre la portata del problema, ma dobbiamo agire subito e con decisione. Le azioni di adattamento ci permettono di ottenere benefici immediati, per esempio rendendo il territorio più sicuro e la popolazione più consapevole, mentre le azioni di mitigazione ci aiutano a limitare gli scenari peggiori sul medio-lungo termine, riducendo le emissioni di gas climalteranti. Su questo ci sono molte novità che occorre valutare e prendere sul serio: l'Unione Europea, per esempio, ha appena pubblicato il nuovo obiettivo di riduzione di almeno il 90% delle emissioni di CO₂ entro il 2040, un'iniziativa che deve essere considerata con la massima serietà. Questi sono obiettivi che dobbiamo volere tutti, pretendendo che l'Italia sia in prima linea insieme all'Europa, affinché il nostro continente diventi un esempio virtuoso anche nella cooperazione multilaterale con altri Paesi, così da ottenere a livello internazionale risultati coerenti con ciò che la scienza ci indica come necessario per contenere il riscaldamento globale e i suoi effetti, tra cui l'estremizzazione climatica anche sul nostro territorio.

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