Il racconto dell'imprenditrice Silvia ghezzi

Dazi sul vino italiano, ecco come reagisce il Brunello di Montalcino alle tensioni Usa

Silvia Ghezzi, titolare della Casa Vinicola Camigliano, spiega a Tgcom24 le strategie per affrontare l'impatto dei dazi  su un mercato che vale il 15-18% dell'export totale della sua azienda

di Giuliana Grimaldi
28 Lug 2025 - 17:38
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L'accordo commerciale tra Stati Uniti e Unione Europea siglato il 27 luglio 2025 in Scozia da Donald Trump e Ursula von der Leyen ha stabilito una tariffa del 15% su gran parte dei prodotti europei, vino incluso. Dal 1° agosto la nuova aliquota entrerà in vigore, colpendo duramente il settore vinicolo italiano con un impatto stimato in 317 milioni di euro di danni per le aziende nei prossimi 12 mesi, come dichiarato da Lamberto Frescobaldi, presidente dell'Unione Italiana Vini (UIV).

Una situazione che ha messo fine ai mesi di incertezza ma ha confermato i timori delle centinaia di aziende vinicole italiane che vedono nell'America uno dei loro mercati più strategici. Per il Brunello di Montalcino il mercato americano vale il 30% delle esportazioni, oltre tre milioni di bottiglie.

Silvia Ghezzi, titolare della Casa Vinicola Camigliano, una delle storiche aziende del Brunello di Montalcino aveva anticipato questa evoluzione. La sua cantina, che produce alcune delle etichette più apprezzate della denominazione toscana come il "Brunello Paesaggio Inatteso" e la Riserva "Gualto", esporta negli Stati Uniti una quota significativa della propria produzione. Con oltre vent'anni di esperienza nel settore vitivinicolo e rapporti consolidati con importatori americani, Ghezzi rappresenta quella generazione di imprenditori del vino che ha saputo portare l'eccellenza italiana nel mondo, affrontando crisi e opportunità con la stessa determinazione.

La sua Casa Vinicola Camigliano incarna perfettamente lo spirito del Made in Italy enologico: tradizione centenaria, territorio unico e innovazione nel rispetto della tipicità. Un approccio che, come racconta nell'intervista  a Tgcom24, le permette di guardare con relativa serenità anche alle turbolenze dei mercati internazionali.

L'accordo Usa-Ue ha stabilito una tariffa base del 15% anche per vino e alcol. Come giudica questo risultato?
L'instabilità che ha contraddistinto questi mesi è stata per tutte le aziende difficile da gestire. Da una parte sono state pianificate quantità di vendite ben definite, dall'altra, l'incertezza nella variazione di percentuale dei dazi ha comportato una grande dose di ottimismo da parte nostra, sapendo bene che certe cifre non sarebbero potute essere sostenute. Quindi finalmente pare si sia giunti a una scelta definitiva e già solo questo è un successo.

Prima di questo accordo, quali dazi pagava Camigliano per esportare i suoi vini negli Stati Uniti e come questi costi hanno influenzato la vostra strategia commerciale oltreoceano?
Da aprile i dazi erano del 10%. La nostra strategia commerciale Oltreoceano non è stata influenzata in quanto abbiamo un rapporto lungo e consolidato col nostro importatore. Insieme abbiamo vagliato le varie strategie alternative da attuare per arginare il problema dazi. Inoltre il nostro vino, il Brunello di Montalcino, è un prodotto di fascia medio-alta che non è sostituibile con altri prodotti e che il consumatore americano continuerà a consumare anche con variazioni di prezzo accettabili. La nostra selezione Brunello Paesaggio Inatteso e la nostra Riserva Gualto hanno un mercato ben definito non solo negli Stati Uniti, ma anche in altri Paesi: la diversificazione dei mercati è fondamentale nelle strategie di vendita.

Il mercato americano rappresenta che percentuale del vostro export totale? E come si è evoluto questo rapporto negli ultimi anni, considerando le tensioni commerciali tra Usa e Europa?
Il mercato americano rappresenta circa il 15-18% del nostro export totale. Nonostante il periodo, tale percentuale si è mantenuta costante potendo garantire un prodotto di qualità e ottimi rapporti con i nostri clienti.

Oltre ai dazi, quali altre barriere commerciali non tariffarie avete incontrato nel mercato statunitense e come sperate che l'accordo possa affrontare queste problematiche?
Il mercato statunitense è sempre stato per noi uno dei mercati di riferimento e non abbiamo mai incontrato altre barriere. Oltre a politiche mirate di prezzo abbiamo puntato sulla promozione, sulla comunicazione e sul monitoraggio del mercato fatto di persona.

Come azienda che vive direttamente l'impatto dei dazi, che tipo di pressioni e richieste state facendo alle associazioni di categoria come Federvini o Unione Italiana Vini? E quali risultati concreti vi aspettate dal loro intervento?
Abbiamo partecipato a diversi convegni e riunioni indette dalle associazioni e abbiamo cercato con la nostra presenza di manifestare la nostra preoccupazione. Sono state intraprese azioni mirate a contrattazioni e accordi diplomatici, rifiutando politiche di muro contro muro.

Secondo la sua esperienza sul campo, quale dovrebbe essere la posizione negoziale dell'Unione Europea riguardo al settore vinicolo nei prossimi giorni? Ritiene che Bruxelles stia tutelando adeguatamente gli interessi del vino italiano?
L'Unione Europea dovrebbe continuare la politica di mediazione per evitare ulteriori scossoni.

Bruxelles tutela il vino italiano?
Mah… A mio avviso è stata intrapresa una politica del terrore che andrebbe frenata. In primo luogo, sfatando il fatto che il vino nuoce alla salute. Per esempio, la Spagna ha avviato un'importante ricerca scientifica che indaga gli effetti del consumo moderato di vino sulla salute, coinvolgendo 10mila volontari. Questo studio, finanziato dal Consiglio Europeo della Ricerca, vuole verificare se un consumo moderato di vino, insieme a uno stile di vita sano, possa apportare benefici alla salute cardiovascolare, mentale e generale.
In secondo luogo sono necessarie campagne di sensibilizzazione e di educazione volte a ridurre l'uso di alcolici alla guida che possano favorire comportamenti responsabili. Bisognerebbe evitare politiche eccessivamente penalizzanti che possano stigmatizzare le persone che consumano alcolici, creando un clima di giudizio e di paura.

Che ruolo dovrebbe giocare il governo italiano in questa partita? Crede che Roma debba essere più incisiva nel difendere uno dei settori di punta del Made in Italy presso l'amministrazione Trump?
Il Made in Italy è il cuore dell'economia italiana e qualsiasi governo in carica ha il dovere di tutelarlo e difenderne le peculiarità. Un esempio potrebbero essere incentivi per garantire la partecipazione delle aziende a fiere internazionali.

In che modo Camigliano sta già adattando la propria strategia di pricing e marketing negli Usa in previsione dei cambiamenti normativi, e quali sono i vostri piani per consolidare la presenza americana nei prossimi tre anni?
La nostra strategia si basa sul continuare a produrre un vino di alta qualità apprezzato dal consumatore e continuare a puntare all'eccellenza. Il costo aggiuntivo dei dazi sarà suddiviso fra noi e il nostro importatore con cui, come già detto, abbiamo un ottimo rapporto.

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