Oltre 200 jet israeliani in azione: eliminati generali iraniani e scienziati atomici. Teheran mette in atto la sua rappresaglia, soprannominata "Vera promessa 3". L'Onu avverte: "Scenario esplosivo"
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Israele ha colpito duramente l’Iran nella notte tra il 12 e il 13 giugno con una vasta operazione aerea, denominata "Leone crescente", condotta da oltre 200 jet da combattimento. Secondo fonti israeliane, l'operazione è stata pianificata per mesi con la collaborazione dell'intelligence del Mossad e della struttura militare delle Forze di Difesa Israeliane (Idf). Gli aerei hanno sorvolato Paesi alleati per eludere le difese iraniane e colpire simultaneamente obiettivi ad alta rilevanza strategica. Tra i bersagli figurano impianti nucleari, basi militari, magazzini di missili a lungo raggio, centri di comando sotterranei e residenze di alti ufficiali. Particolare attenzione è stata rivolta ai siti di Natanz e Fordow, nonché a una base segreta a Teheran utilizzata dal Mossad per il coordinamento operativo.
Il significato simbolico dell'operazione sottolinea la volontà israeliana di mandare un messaggio di forza e determinazione. Non è stata solo una operazione militare, un ruolo fondamentale lo ha avuto il temutissimo servizio di intelligence ebraico, il Mossad, che ha utilizzato droni e armi sofisticate (leggi l'approfondimento). Secondo quanto ricostruito, l'attacco ha portato alla morte di Hossein Salami, capo della Guardia Rivoluzionaria, la cui figura è stata dettagliata in questo profilo completo, insieme a Mohammad Bagheri, capo di Stato Maggiore iraniano (scopri chi è). Almeno sei scienziati nucleari sono stati eliminati in quello che Israele ha definito un "colpo chirurgico" al cuore del programma atomico. Netanyahu ha rivendicato l'azione come un intervento indispensabile per impedire all’Iran di ottenere la bomba atomica. "Non c'era più tempo da perdere", ha dichiarato, aggiungendo che Teheran era a meno di un anno dal completamento dell'arma nucleare, secondo l'intelligence.
La risposta di Teheran non si è fatta attendere. Il governo iraniano ha definito l'attacco israeliano una vera e propria dichiarazione di guerra. Nel giro di poche ore, sono stati lanciati oltre 100 droni armati in direzione del territorio israeliano, molti dei quali sono stati intercettati dal sistema di difesa Iron Dome e da altre piattaforme antimissile dispiegate lungo il confine settentrionale. In serata, poi, l'Iran ha lanciato la sua rappresaglia denominata "Vera promessa 3". Almeno 150 i missili lanciati da Teheran verso Israele, alcuni dei quali hanno "bucato" l'Iron Dome israeliano. Esplosioni ed edifici in fiamme a Tel Aviv, dove si registrano diversi feriti. Boati sono stati uditi anche a Gerusalemme. Parallelamente, l'Iran ha sospeso unilateralmente la partecipazione ai negoziati sul nucleare che erano in corso a Muscat, in Oman, accusando gli Stati Uniti di complicità morale nell'attacco.
Il raid israeliano ha generato una scossa anche sul piano economico e geopolitico. Le borse mediorientali hanno registrato perdite consistenti, mentre i prezzi del petrolio sono saliti rapidamente dell’8% nel giro di poche ore, raggiungendo i livelli più alti dall’inizio dell’anno. Gli analisti temono che l’Iran possa reagire bloccando il traffico nel Golfo Persico, in particolare nello stretto di Hormuz, da cui transita circa il 20% del greggio mondiale.
Anche l'aviazione commerciale ha subito l'impatto dell'operazione: numerose compagnie europee e asiatiche hanno dirottato i voli evitando lo spazio aereo iraniano, mentre Iraq e Giordania hanno temporaneamente chiuso i loro cieli. Il rischio per le infrastrutture energetiche regionali, come raffinerie e oleodotti, ha portato a un aumento della tensione anche nei mercati del gas e delle materie prime.
La comunità internazionale ha reagito in modo variegato. Il segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, ha rivolto un appello urgente alla "massima moderazione", sottolineando che "il Medio Oriente è sull’orlo di una crisi di proporzioni storiche". Gli Stati Uniti hanno dichiarato di non essere stati coinvolti nell’operazione, ma hanno ammonito l’Iran a non colpire le forze americane presenti nella regione. Condanne ufficiali sono arrivate da Australia, Cina, Indonesia, Iraq e Pakistan. La Francia ha convocato una riunione d’emergenza del Consiglio di Sicurezza dell’Onu. La Repubblica Ceca, invece, ha definito l’azione israeliana “una reazione comprensibile alla minaccia rappresentata dal programma nucleare iraniano”. Le diplomazie europee si dividono tra chi chiede un cessate il fuoco immediato e chi supporta il diritto di Israele alla difesa.
Secondo numerosi analisti militari e diplomatici, l’operazione israeliana appare più come una dimostrazione di forza che un tentativo di eliminare completamente il potenziale nucleare iraniano. I siti come Fordow, altamente protetti e localizzati in profondità, richiederebbero l’uso di armi bunker buster di ultima generazione per essere distrutti. Questo limita in parte l'efficacia a lungo termine dell'operazione dal punto di vista puramente militare. Tuttavia, esperti strategici sottolineano che la portata e la precisione dell’offensiva rappresentano un segnale inequivocabile non solo per Teheran, ma anche per gli attori globali coinvolti nei negoziati sul nucleare. Israele intende ribadire che non accetterà mai un Iran dotato di armi atomiche e che è disposta ad agire unilateralmente per evitarlo.
Alcuni osservatori regionali sottolineano anche la possibile influenza interna dell'attacco sullo scenario politico iraniano. La perdita di figure chiave del potere militare potrebbe creare un vuoto di comando o alimentare lotte tra fazioni. A livello internazionale, la mossa israeliana potrebbe servire anche a consolidare alleanze regionali con Paesi sunniti preoccupati dall'espansione dell'influenza sciita iraniana.
Per quanto riguarda il ruolo di Hezbollah, più fonti indicano che l'operazione israeliana ha colpito anche infrastrutture logistiche e di comunicazione della milizia sciita filo-iraniana nel sud del Libano. In particolare, diversi raid sarebbero stati condotti in parallelo con l'operazione cercapersone esplosivi, un'azione segreta mirata a neutralizzare depositi nascosti, tunnel e comandi mobili utilizzati dal gruppo. Questo approccio combinato avrebbe inflitto un colpo significativo alla capacità di Hezbollah di coordinare operazioni su larga scala lungo il confine settentrionale di Israele. Alcuni analisti ritengono che la capacità operativa del gruppo sia stata significativamente ridotta, sebbene non completamente neutralizzata. In particolare, l'eliminazione di comandanti di medio livello e la distruzione di depositi di armi avanzate potrebbe rallentare la reattività di Hezbollah nel breve periodo, costringendolo a una riorganizzazione strategica.
Infine, il pericolo di una reazione asimmetrica da parte di Teheran - attraverso attacchi cyber, operazioni navali nel Golfo o azioni di milizie alleate come Hezbollah - è considerato elevato. Alcuni analisti ritengono che la fase successiva possa vedere un'intensificazione delle tensioni nei teatri più instabili della regione, con effetti a catena sulla sicurezza globale e sull’economia mondiale.
Gli scenari futuri restano incerti. L'Iran potrebbe scegliere di continuare a reagire in modo immediato e diretto oppure attuare una strategia di logoramento prolungato, sfruttando i suoi proxy regionali. La diplomazia è al momento congelata, e le prossime ore saranno decisive per capire se si sta andando verso un conflitto aperto o una nuova fase di tensione controllata. Gli osservatori invitano a non sottovalutare il potenziale destabilizzante di una crisi che coinvolge due potenze regionali con interessi incrociati in Siria, Iraq, Libano e Yemen.
Fonti diplomatiche indicano che le potenze occidentali, in particolare Stati Uniti, Regno Unito e Francia, stanno valutando l'attivazione di canali secondari per riprendere un dialogo indiretto tra le parti. Anche Turchia e Qatar si sono offerti come mediatori per prevenire un’escalation incontrollata. Tuttavia, le posizioni appaiono ancora troppo distanti: l'Iran chiede il ritiro di tutte le truppe israeliane e la condanna ufficiale dell’attacco, mentre Israele esige garanzie verificate sul completo smantellamento del programma nucleare iraniano. Intanto, nei territori palestinesi e in Libano si registrano manifestazioni di sostegno all'Iran, alimentando il timore che il conflitto possa estendersi anche su altri fronti. L’esercito israeliano ha rafforzato le difese nel sud, temendo possibili attacchi da Gaza, mentre a Beirut si teme una nuova fase di instabilità.
Nei prossimi giorni, molto dipenderà dalla risposta dell'Onu e dalla capacità degli attori regionali e internazionali di contenere le tensioni. La crisi, già definita da alcuni diplomatici come la più grave degli ultimi due decenni in Medioriente, rischia di innescare una spirale dagli esiti imprevedibili.