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Isis, gli orrori inflitti agli ostaggi prima di essere decapitati dai jihadisti

Tra le torture anche il waterboarding. Il New York Times spiega che i 4 detenuti di Usa e Gb venivano scelti per le peggiori torture perché Washington e Londra non pagavano i riscatti

James Foley, Steven Sotloff e David Cawthorne Haines
ansa

Gli orrori prima delle decapitazioni: torture, botte, giorni senza cibo e finte esecuzioni. Sulla base di deposizioni di ex ostaggi, familiari e di Jejoen Bontinck, un "foreign fighter" belga attualmente sotto processo, il New York Times conferma anche che, se sgarravano, i prigionieri dell'Isis venivano sottoposti anche al waterboarding. La stessa versione fornita dall'ostaggio britannico John Cantlie, rapito con James Foley nel 2012.

E' l'agonia subita dagli ostaggi dell'Isis decapitati quest'anno dai jihadisti: i giornalisti americani Foley e Steve Sotloff, e gli attivisti David Haines e Alan Henning. Il Nyt dedica un lungo reportage, frutto di tre mesi di lavoro, agli orrori inflitti dai carcerieri ai prigionieri prima delle decapitazioni

Il quotidiano spiega che i quattro detenuti di Usa e Gb venivano scelti per le peggiori torture perché Washington e Londra non pagavano i riscatti, al contrario degli europei. Tra le forme di tortura anche il waterboarding, il quasi annegamento praticato sui prigionieri nel campo di detenzione americano di Guantanamo. Era talmente temuto dagli ostaggi che i loro compagni di cella erano sollevati nel vederli rientrare ricoperti di sangue, dopo l'incontro con i carcerieri. "Se non c'era sangue, allora capivamo che erano stati sottoposti a qualcosa di molto peggio", ha raccontato al Nyt un ex prigioniero.

Gli ostaggi - riferisce il Nyt - erano stati divisi con un sistema simile al triage: in pratica si dava la priorità di possibile liberazione alle persone con passaporto di Paesi disponibili a trattare e a pagare riscatti. "I rapitori sapevano quali governi erano più sensibili alle loro richieste e hanno creato un ordine basato sulla facilità con cui pensavano di poter negoziare. Hanno cominciato con gli spagnoli", ha detto un ex ostaggio. Poi i francesi e l'italiano Federico Motka, mentre il collega britannico David Cawthorne Haines venne decapitato a settembre. L'Italia - sottolinea il quotidiano - ha sempre negato che siano stati pagati i riscatti. Nei primi mesi dopo il rapimento di Foley e del britannico John Cantlie in Siria, nel novembre del 2012, il Nyt rivela che gli ostaggi venivano passati da gruppo a gruppo, mentre infuriava la guerra, fino a quando, a inizio anno, finirono nelle mani dell'Isis 23 prigionieri: 19 uomini e 4 donne, di 12 paesi.

Alla fine, "gli europei sono stati liberati grazie ai riscatti". Del gruppo originario a giugno erano rimasti nelle mani dell'Isis 7 prigionieri occidentali. Tra giugno e luglio sono stati decapitati due americani, Foley e Sotloff e due britannici, Henning e Haines. Al momento quindi restano tre ostaggi, tra cui due americani (l'ex soldato Peter Kassig, scelto dai jihadisti come il prossimo che sarà decapitato, e una donna americana, di cui non si conosce l'identità) e un britannico, John Cantlie, già comparso in vari video dell'Isis. L'ultimo venerdì quando l'ostaggio britannico ha accusato i governi di Stati Uniti e Gran Bretagna di aver abbandonato i propri cittadini. Il reportage del Nyt non fa cenno alle due giovani italiane rapite all'inizio di agosto, Greta Ramelli e Vanessa Marzullo, né di padre Paolo Dall'Oglio, sparito in Siria nel 2013.