I calcoli strategici di Stato ebraico e Teheran suggeriscono un'escalation maggiore rispetto a quella registrata a giugno, nella guerra dei 12 giorni. Il prossimo bersaglio sembra però essere la tenuta economica dei territori palestinesi
di Maurizio PerrielloDue anni di guerra hanno cambiato per sempre il Medioriente, ma non gli obiettivi di Israele. La spropositata risposta all'umiliazione subita il 7 ottobre 2023 per mano di Hamas ha compromesso la reputazione dello Stato ebraico nel mondo, il quale non è ancora riuscito a sconfiggere sul campo nessuno dei suoi avversari. Oltre ai fondamentalisti della Striscia, anche Hezbollah, Houthi e il loro patron Iran sono ancora in corsa e si stanno rinforzando. Lo scopo di Israele è duplice:
Entrambi i propositi sono ancora raggiungibili e, dunque, Israele può ancora ottenere la propria vittoria sul piano strategico, nonostante i pesanti insuccessi tattici registrati finora. Ma come può riuscirci? Attraverso un piano preciso, che va oltre il debole e retorico programma in 20 punti suggerito da Donald Trump. La prima mossa programmata da Israele sarebbe stringere il cappio attorno all'altro grande territorio palestinese, la Cisgiordania. Il passo successivo riguarda invece il grande nemico, l'Iran, e la volontà di attaccarlo con forza maggiore rispetto ai raid di giugno sui siti nucleari.
Da anni Israele invia in Cisgiordania coloni armati e coadiuvati da militari dell'esercito per costringere con la forza i palestinesi a lasciare i loro insediamenti. Violenze, boicottaggi, inquinamento delle fonti d'acqua, sequestri, occupazione. All'elenco si aggiunge anche la promozione di un collasso economico, alimentando i già vertiginosi livelli di disoccupazione di West Bank, oltre il 30% secondo gli ultimi dati (settembre 2024). Il secondo livello più alto di sempre. Un mese prima dell'inizio della guerra, a settembre 2023, la percentuale di persone senza occupazione era del 12,9%. Centinaia di migliaia di palestinesi hanno perso il permesso di lavoro e di spostamento in Israele. Dei 115mila abitanti della Cisgiordania "bloccati" dopo il 7 ottobre 2023, appena 8mila hanno visto ripristinati i propri visti. Secondo l'economista palestinese Naser Abdelkarim, il risultato di questa situazione è il raddoppio del tasso di povertà in West Bank dopo un anno di guerra, con un terzo delle famiglie vive ora in povertà.
Oltre a far crollare il mercato del lavoro nei territori occupati, Israele ha imposto forti restrizioni economiche anche prima della guerra. L'arma più efficace in questo senso è il trattenimento delle entrate fiscali palestinesi. La maggior fonte di liquidità in Cisgiordania era costituita proprio dalle paghe dei palestinesi che lavoravano in terra israeliana. Anche prima del conflitto diretto con Hamas e gli altri agenti di prossimità iraniani, lo Stato ebraico tratteneva entrate fiscali destinate a West Bank. Dal 2019 Israele ha trattenuto quasi 2,3 miliardi di dollari di entrate fiscali destinate all'Anp (Autorità nazionale palestinese), che governa la Cisgiordania. Dopo il 7 ottobre 2023, il governo Netanyahu decise di trattenere ulteriori entrate fiscali, cioè quelle utilizzate per pagare gli stipendi dei dipendenti pubblici dell'Anp a Gaza, sostenendo che il denaro sarebbe potuto finire nelle mani di Hamas. Quest'ultimo governa la Striscia di Gaza, mentre l'Anp gestisce in gran parte gli stipendi dei dipendenti ministeriali nei settori degli affari sociali, della sanità e dell'istruzione.
Sullo sfondo del conflitto contro Hamas si staglia la grande contesa del Medioriente: quella tra Israele e Iran. Dopo gli attacchi scenografici di aprile e i bombardamenti non letali di giugno, i calcoli strategici di entrambi i Paesi suggeriscono che la violenza potrebbe rivelarsi molto presto ancora maggiore. In particolare, Teheran si sta preparando a sferrare un attacco ben più deciso fin dall'inizio del potenziale nuovo scontro, nonostante le notevoli difficoltà interne che deve fronteggiare. Le Guardie della Rivoluzione hanno modulato la capacità missilistica in previsione di un conflitto prolungato. E se gli Stati Uniti interverranno nuovamente al fianco di Tel Aviv, stavolta le conseguenze potrebbero davvero sfuggire di mano. Il programma nucleare iraniano è ancora in piedi e nessuno sa davvero a che punto sia la corsa persiana alla bomba atomica.
La guerra dei 12 giorni non ha mai riguardato esclusivamente il programma nucleare iraniano. Piuttosto, lo scopo profondo era spostare l'equilibrio di potere in Medioriente, con le capacità nucleari iraniane inquadrate come fattore importante ma non decisivo. Per oltre due decenni, lo Stato ebraico ha spinto gli Stati Uniti a intraprendere un'azione militare contro Teheran per indebolirlo e certificare se stesso come grande potenza regionale. Un equilibrio che Israele, però, non può raggiungere da solo. In questo contesto, gli attacchi avevano tre obiettivi principali, oltre a indebolire l'infrastruttura nucleare iraniana:
Ebbene, Israele è riuscito a centrare soltanto uno dei tre obiettivi. Senza, peraltro, riuscire a "cancellare" il programma nucleare iraniano. Il rifiuto americano di andare oltre una campagna di bombardamenti limitata è stato uno dei motivi principali per cui lo Stato ebraico ha accettato di negoziare una tregua. Anche perché, nel frattempo, le difese aeree israeliane si sono deteriorate e l'Iran è diventato più efficace nel penetrarle con i suoi missili. Neanche il proposito di fomentare la rivolta popolare nel Paese persiano, senza capire la sua natura estremamente variegata, è andato in porto. Anzi, per certi versi ha donato nuova coesione fondata sulla voglia di rivalsa. Mentre l'Iran sta ricostituendo le proprie risorse militari, per Israele il tempo stringe. Il calcolo politico dietro un altro attacco diventerà molto più complicato una volta che gli Stati Uniti entreranno nella stagione delle elezioni di Midterm. Di conseguenza, l'escalation potrebbe benissimo verificarsi nei prossimi mesi. L'esito della prossima battaglia dipenderà da quale parte avrà imparato di più e agirà più rapidamente: Israele riuscirà a rifornire i suoi scudi aerei più velocemente di quanto l'Iran ricostruirà le sue batterie di missili?