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Sisma come milioni di atomiche

Intensità pari al 9° grado Richter

Il sisma che ha colpito l'Oceano Indiano è stato del nono grado sulla scala Richter.

Si tratta del quarto maggior sisma, per intensità, dal 1990 ad oggi. Gli esperti paragonano l'energia liberata dal sisma a quella di un milione di atomiche. L'onda anomala è arrivata fino alla Somalia e al Kenya, a 6 mila km dall'epicentro. Se il terremoto si fosse verificato 250 km più a ovest, le onde avrebbero del tutto sommerso le isole Maldive.

Tutto è cominciato con una "frizione" lungo i due lembi di una lunghissima faglia sottomarina che si è sviluppata a Nord Ovest dell'isola di Sumatra. Uno scatto in avanti che ha liberato nella crosta terrestre un'energia paragonabile a 23 mila esplosioni nucleari del tipo di Hiroshima, e che poi si è trasmessa alle acque dell'Oceano Indiano, provocando sulle zone costiere ondate di oltre quindici metri di altezza.

Gli esperti di geofisica conoscono bene il fenomeno di cui il termine "tsunami" (letteralmente onda del porto in giapponese), riproduce in sintesi tutta la peculiarità: una serie di onde generate da avvallamenti improvvisi sul fondo del mare che si trasferiscono dinamicamente alla massa d'acqua soprastante. Quello che si vede in superficie è quindi l'ultima fase della manifestazione sismica in atto. Man mano che si avvicina alle coste, infatti, lo tsunami riduce la sua velocità, ma dal momento che la sua energia rimane costante l'onda aumenta in altezza. Le onde viaggiano tra gli 800 e i 400 km/h e possono raggiungere l'altezza di decine di metri.

L'origine è quindi lo spostamento lungo l'asse di scorrimento di due enormi placche sottomarine, che hanno come effetto l'innalzamento e la caduta successiva dei fondali marini. In questo caso si è trattato di una frattura che si estende per quasi cento chilometri a Nord Ovest dell'isola di Sumatra, lungo un cordone di isole chiamate Nicobar e Andamane. In questa zona, tra l'oceano Indiano e il Golgo del bengala, si è verificato lo scontro e la placca indiana si è scontrata con quella birmano-cinese, che a sua volta fa parte della più grande placca euro-asiatica.

Lo spostamento si è trasferito istantaneamente alla superficie, dove ha creato una cresta e un avvallamento con un dislivello relativo di alcuni metri e una distanza  superiore a dieci chilometri. Quindi una serie di oscillazioni successive hanno creato le onde: dapprima lunghe e regolari, in mare aperto non risultano pericolose per le navi, ma diventano distruttive in prossimità delle coste. La velocità di propagazione di uno tsunami è estremamente variabile: dove il mare è più profondo, 4 o 5 mila metri, il maremoto è più veloce e raggiunge gli 800 chilometri orari, come dire la velocità di crociera di un aereo. Dove il mare è più baso la velocità rallenta, e contemporaneamente produce l'innalzamnto dell'onda "in frenata".