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Ue alla prova della crescita, da Eurobond a Bei Le misure sul tavolo del Consiglio straordinario

Stasera a Bruxelles si prepara la strada in vista dellʼincontro di fine giugno

Afp

Sulla parola d'ordine, rilanciare la crescita, sono tutti ormai d'accordo. Compresa, seppur con tanti 'distinguo', la Germania di Angela Merkel, messa all'angolo dal pressing arrivato anche dagli Usa e dal G8. Ma ora le parole devono essere tradotte in fatti, in quelle 'piste concrete' sollecitate a Camp David anche dal premier Mario Monti, che l'Europa deve iniziare a delineare, in vista del prossimo consiglio europeo di fine giugno. E il primo appuntamento è per stasera a cena, quando nel Consiglio straordinario Ue, si dovrà iniziare a tracciare il cammino.

Le proposte, per riempire di 'fatti' il pacchetto pro-crescita, dovrebbero passare attraverso una serie di misure che vanno dal varo dei project bond alla ricapitalizzazione della Bei, al possibile uso dei fondi strutturali non utilizzati. Senza dimenticare la possibilità - fortemente auspicata da Roma - della 'goden rule'. Ma anche riaprendo il dibattito - voluto dalla Francia ma anche dall'Italia cui si oppone strenuamente Berlino - sugli eurobond. Senza dimenticare una riflessione sulla politica della Bce che - secondo molti - dovrebbe usare la leva dei tassi (già all'1%) e su quella Tobin Tax che - incassato il via libera del Parlamento Ue - secondo stime, frutterebbe intorno ai 55 miliardi. Ecco in sintesi i principali punti:

FISCAL COMPACT: che vada integrato con la crescita ormai è certo. Ma sul tavolo c'‚ anche la possibilità di valutare uno slittamento dei tempi per il famoso parametro del 3% nel rapporto deficit-Pil che, anche alla luce della recessione, sembra per alcuni paesi un miraggio. L'idea sarebbe quella di farlo slittare di un anno, al 2014. Lasciando fermo l'obbligo di pareggio di bilancio, uno dei cardini del Fiscal Compact.

BANCA EUROPEA INVESTIMENTI: quella di ricapitalizzare la Bei, attraverso cui dovrebbe passare anche la creazione dei project bond, e' un'idea da tempo sul tavolo della Commissione. Pi- volte rilanciata dal presidente Jose Manuel Barroso, che invita i governi a trovare un accordo, l'idea è trovare 10 miliardi: somma in grado di 'liberare' prestiti per 60 miliardi in 3 anni, con un effetto volano sugli investimenti in Europa stimato fino a 200 miliardi.

GOLDEN RULE: l'ipotesi di scorporare dal calcolo del deficit le spese destinate agli investimenti produttivi è certamente uno dei cavalli di battaglia italiani, sul quale il premier Mario Monti insiste da sempre avanzando anche la possibilità di scorporare, oltre agli investimenti, anche alcune spese della PA. Una posizione che nasce dalla convinzione che la 'regola d'oro' non significhi allentare le maglie del necessario rigore (preoccupazione molto sentita a Berlino che teme che questa misura possa far perdere il controllo in alcuni paesi) ma evitare che politiche troppo stringenti di bilancio finiscano per imbrigliare eccessivamente le politiche di spesa, anche quelle come gli investimenti nelle grandi infrastrutture (reti transeuropee comprese) che possono generare la crescita.

PROJECT BOND: uno strumento destinato a rilanciare le grandi opere pubbliche e ridare dare slancio all'economia. Si tratta di emissioni obbligazionarie - su cui ieri Parlamento europeo e Consiglio hanno trovato un primo accordo 'politico' per un progetto pilota da 230 milioni in grado di mobilitare 4,6 miliardi di euro di investimenti privati - destinate a finanziare le grandi infrastrutture, da quelle di trasporto a quelle energetiche passando per quelle digitali, su cui l'Ue si confronta da tempo. Sul tavolo ci sarebbe l'idea di affidare alla Bei le emissioni (garantite dall'opera). Un primo passo - quello dei project bond, rilanciati spesso da Monti - anche verso una possibile evoluzione verso gli eurobond.

EUROBOND: l'emissione di obbligazioni sul debito pubblico dei Paesi dell'eurozona - la cui solvibilità sia garantita congiuntamente dagli stessi Paesi di Eurolandia - è uno dei nodi pi- controversi su cui si registra il secco, e reiterato, 'no' di Berlino, che considera l'ipotesi solo nella lunga prospettiva. L'idea è pienamente appoggiata dal Pe che intanto ha dato il suo sostegno al 'redemption fund', ovvero un meccanismo di garanzia collegiale per la parte dei debiti che eccedono la quota del 60% del Pil.