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"Io italiano in piazza Taksim con i turchi
I poliziotti? Nei vicoli diventano bestie"

A Tgcom24 il racconto di Marco, 28 anni, attivista di un collettivo milanese, che dai primi giorni dellʼinizio della protesta di Gezi Park, "resiste" insieme ai manifestanti turchi

Reuters

"Ho sentito la notizia della protesta a Gezi Park quando sono tornato dal lavoro. Un quarto d'ora ed ero all'agenzia per prenotare i biglietti e siamo partiti". Così Marco, 28 anni, attivista del collettivo milanese Milano InMovimento, racconta la decisione di partire per Istanbul e prendere parte alla rivolta. Tgcom24 lo ha raggiunto mentre partecipa alla resistenza di Piazza Taksim: "I poliziotti nei vicoli, lontani dalle tv, diventano bestie"

"E' stata una giornata dura: è da stamani alle 5 che la polizia tenta di sgomberarci, hanno lanciato anche lacrimogeni dentro Gezi Park. La polizia ha l'ordine di sgomberarci perché la protesta sta immobilizzando non solo le grandi città, ma tutta la Turchia e ogni giorno di protesta, è un colpo al cuore dell'economia".

Qual è la situazione in questo momento?
"Adesso c'è un clima di festa, la polizia si è ritirata, ma sappiamo che non è una vittoria, stanotte sicuramente torneranno a caricare. Forse con ancora più violenza. Alle 18, alla fine dell'orario di lavoro, ai manifestanti si è aggiunto un corteo di 30-40mila persone".

Come appare Istanbul? 
"Quello che forse non è chiaro in Italia è che qui ci sono barricate da 5 giornate di Milano, per distruggerle c'è bisogno delle ruspe. Tutti i viali principali che portano a piazza Taksim sono bloccati da questa serie di barricate, anche 8-9 di fila. Per fare un esempio, il consolato tedesco che si trova in questa zona è isolato. Per strada ormai si cammina sulla sabbia, non più sull'asfalto".

La popolazione è solidale con i manifestanti?
"La protesta non è più solo una protesta ambientalista, è una rivolta sociale. Lo si vede quando si riconquista una postazione, quanto si resiste e dai balconi e dalle finestre partono degli scrosci di applausi".

"La popolazione è solidale: sembra chiaro che qui non ci sono buoni o cattivi per la gente, ma ci sono diritti da rivendicare. Quando la polizia entra in questa zona lo sa e infatti la prima cosa a cui sta attenta sono le finestre, perché deve guardarsi da cosa la gente le tira addosso da dentro casa".

Ha assistito a particolari violenze della polizia?
"La polizia è violenta. E non parlo di quello che si può vedere in tv. Davanti alle telecamere della Bbc e Al Jazeera si vedono solo poliziotti modello. E' nei vicoli, dove nessuno li riprende, che diventano delle bestie".

Cosa chiedono i manifestanti?
"La protesta ormai è esplosa in tutta la Turchia. La piazza chiede le dimissioni del governo, forse saranno prese in considerazione anche soluzioni alternative. Ma si sente e si respira, la sensazione che sia un momento storico di cambiamento. La gente lo sa e vuole sfruttarlo".

"Dobbiamo lottare per i diritti. Per i diritti che ci sono negati: quelli di essere liberi dal capitalismo e dal vivere legati a 10 persone che decidono per tutto il mondo. I diritti si conquistano dal basso e la protesta turca lo sta dimostrando".

Perché un gruppo di italiani si trova a manifestare in Turchia?
"Siamo qui per portare solidarietà ai manifestanti, come lo abbiamo già fatto in passato in altre nazioni, "investite" dalla primavera araba. Il popolo turco è il protagonista di questo cambiamento. Magari qualcuno riderà, ma io credo che l'internazionalismo esista, questi giorni e queste esperienze lo dimostrano".