Solo il 9% degli italiani considera la ricchezza una priorità. Al primo posto il benessere psicofisico, seguito da serenità, tempo per sé e vita privata
© Istockphoto
Cambia il significato stesso di "successo": non più sinonimo di potere, prestigio o ricchezza, ma di realizzazione personale, relazioni autentiche, serenità e benessere quotidiano. In un’epoca segnata da incertezza, burnout e iperconnessione, i lavoratori italiani – soprattutto i più giovani – rivendicano un nuovo equilibrio tra vita e lavoro. Vogliono più tempo per sé, più salute mentale, più senso. La ricchezza economica resta sullo sfondo, soppiantata da bisogni più profondi.
Lo dimostra con chiarezza l’8° Rapporto Eudaimon-Censis sul welfare aziendale: solo il 9% degli italiani considera oggi la ricchezza una priorità lavorativa, relegandola all’ottavo posto in una classifica dominata da salute, tranquillità ed equilibrio. Si tratta di una trasformazione culturale profonda e irreversibile, che impone alle aziende una riflessione: non si può più trattenere il talento con stipendi competitivi se non si garantisce, prima di tutto, qualità della vita.
"Lavorare per vivere", e non il contrario. Questo è il principio che ispira il nuovo orientamento dei lavoratori, in particolare della Generazione Z. "Il lavoro non è più visto solo come fonte di reddito, ma come elemento determinante del benessere olistico – sottolinea Alberto Perfumo, Ceo di Eudaimon –. Cresce il bisogno di equilibrio tra vita privata e professionale. Non è una moda, ma un mutamento culturale".
Secondo un’indagine riportata da "The Guardian", il 74% dei giovani della Gen Z dà la priorità al work-life balance, mentre solo il 68% considera fondamentale la retribuzione. Anche in Italia, il trend è chiaro: si lavora per stare bene, non solo per guadagnare.
Il valore più sentito in assoluto è la salute. Il benessere fisico e mentale è ritenuto fondamentale dal 63% degli intervistati. Per quasi due lavoratori su tre, mantenere una buona condizione – sia del corpo sia della mente – è la base imprescindibile per condurre una vita soddisfacente, dentro e fuori dal lavoro.
Segue la tranquillità, scelta dal 41,3% del campione, che la considera essenziale per lavorare in un ambiente sereno, collaborativo e privo di stress. Per oltre quattro persone su dieci, la serenità quotidiana rappresenta un ingrediente chiave del benessere.
L’equilibrio tra vita professionale e privata è indicato come prioritario dal 36,2% degli intervistati. Più di un terzo dei lavoratori ritiene fondamentale riuscire a bilanciare i diversi aspetti della propria vita per evitare il sovraccarico emotivo e mantenere lucidità e motivazione.
Il tempo per sé è un bisogno sentito dal 30% degli intervistati, che considera indispensabile ritagliarsi momenti personali, dedicati alla cura del corpo, alla mente o semplicemente al recupero delle energie.
La famiglia è considerata centrale dal 26,5% dei lavoratori. Per più di un quarto del campione, i legami affettivi rappresentano un punto di riferimento stabile, una fonte di sicurezza emotiva e una condizione essenziale per il benessere complessivo.
La sicurezza sul lavoro è stata indicata dal 20% degli intervistati, che vedono nella stabilità e nella protezione dell’ambiente lavorativo un elemento chiave per sentirsi sereni e tutelati nel quotidiano.
L’autoconsapevolezza è importante per l’11% dei partecipanti all’indagine. Questa capacità di ascoltarsi e comprendere i propri bisogni è vista come una risorsa per affrontare le sfide professionali con maggiore equilibrio e lucidità.
Solo il 9% dei lavoratori ha associato il concetto di benessere alla ricchezza. Un dato che evidenzia come, pur riconoscendone l’utilità, l’aspetto economico non sia più percepito come centrale rispetto ad altri fattori legati alla qualità della vita.
L’ottimismo verso il futuro, o la fiducia nel domani, è risultata importante per l’8% degli intervistati. Per questa fascia di lavoratori, immaginare un percorso positivo e avere prospettive chiare contribuisce al benessere generale.
Chiude la classifica il divertimento, indicato solo dal 4,5% del campione. Sebbene gradito, viene considerato secondario rispetto ad altri elementi più strutturali e duraturi nella costruzione di una vita lavorativa soddisfacente.
In questo scenario, le imprese devono cambiare passo. Il concetto di welfare aziendale va ripensato in profondità: "Il welfare, se ben progettato – afferma Perfumo – deve essere flessibile, personalizzato e in grado di rispondere a bisogni reali". L’epoca dei pacchetti standard è finita. Serve ascolto, adattamento, cura.
Garantire ai propri dipendenti un ambiente sano, relazioni positive, flessibilità e sicurezza è oggi la chiave per attrarre e trattenere i talenti. La felicità non si misura più in busta paga: si misura nella qualità delle giornate, nel tempo guadagnato per sé, nella serenità conquistata. Le aziende che lo capiranno per tempo saranno quelle pronte ad affrontare il futuro del lavoro. Un futuro in cui, finalmente, l’essere umano torna al centro.