Milano, Roma e Bologna guidano il boom delle locazioni brevi e a termine. Aumenti a doppia cifra in quasi tutte le città universitarie. Tutte le cause dei rincari
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Affittare una stanza nelle grandi città italiane è sempre più difficile. I prezzi salgono, i contratti si accorciano, e trovare una sistemazione stabile è diventato un percorso a ostacoli, soprattutto per studenti e giovani lavoratori. Nel primo trimestre 2025, secondo i dati contenuti nel report Idealista, a Milano il costo medio per una stanza è di 700 euro al mese, con una lieve flessione del -4,1% rispetto all’anno precedente.
A Bologna si paga in media 600 euro, con un incremento significativo del +31,9%. Roma segue con 550 euro e una variazione annua del +14,6%, mentre a Firenze si toccano i 520 euro, in crescita addirittura del +40,5%. A Padova la media è di 500 euro, con un aumento del +16,3%. A livello nazionale, in media il canone per una stanza in abitazione condivisa con altri inquilini è aumentato dell’11,1% nell’ultimo anno.
Parallelamente, cresce il ricorso ai contratti di locazione transitori, aumentati del 40% in un solo anno. Secondo Idealista, nel primo trimestre 2025 rappresentano il 25% dell’offerta nazionale, con punte del 31% a Milano e 30% a Roma. Si tratta di formule brevi — da 1 a 18 mesi — pensate per esigenze temporanee, ma sempre più spesso usate per aggirare i vincoli dei contratti standard.
Previsto dalla legge 431/1998, il contratto transitorio nasce per rispondere a esigenze temporanee: trasferimenti, stage, lavori a termine, assistenza familiare. Ha una durata compresa tra 1 e 18 mesi e non prevede rinnovo automatico.
Oggi però è utilizzato in modo improprio dai proprietari per poter cambiare spesso inquilino, evitare vincoli, e rivedere al rialzo i canoni ogni pochi mesi. In molti casi, le motivazioni richieste dalla legge non vengono neppure verificate.
Il mercato delle locazioni è in forte trasformazione. Da una parte, la domanda è alta: studenti, giovani lavoratori, professionisti in mobilità cercano soluzioni in affitto, spesso in città dove acquistare è fuori portata.
Dall’altra, l’offerta si è "polarizzata": aumentano gli alloggi disponibili, ma sempre più spesso con formule temporanee, a canoni elevati e senza garanzie di continuità.
I proprietari, in molti casi, preferiscono i contratti transitori o addirittura gli affitti brevi turistici perché offrono maggiore redditività e libertà contrattuale. E così, chi cerca casa con un contratto standard (come il classico 4+4 o il 3+2 a canone concordato), trova sempre meno disponibilità.
Le ragioni di questi trend sono multiple. Da un lato c’è un quadro economico segnato da incertezza: inflazione, tassi ancora alti, mobilità lavorativa. Dall’altro, mancano politiche strutturali sull’affitto. Le pochissime agevolazioni pubbliche sono quasi esclusivamente orientate all’acquisto della casa, mentre l’edilizia popolare è ferma. I Comuni non hanno strumenti per calmierare i prezzi o limitare l’uso turistico delle abitazioni.
Un altro elemento cruciale è il forte spostamento di migliaia di immobili verso gli affitti brevi per turisti (come Airbnb o Booking), soprattutto nelle città d’arte e nei centri storici. Questi alloggi vengono sottratti al mercato residenziale e generano un effetto a catena: meno case disponibili, maggiore concorrenza tra gli inquilini, e prezzi in crescita anche per chi cerca una casa stabile.
Il risultato è un mercato che penalizza chi cerca stabilità e favorisce soluzioni brevi, costose e spesso precarie. I più colpiti? Studenti, giovani precari, famiglie a basso reddito o in transizione.
Il governo ha annunciato una mappatura nazionale degli affitti brevi, introdotto nuove regole e un nuovo piano per potenziare l’edilizia residenziale pubblica. Ma i Comuni — da Milano a Firenze — chiedono di più: poteri speciali per limitare le locazioni turistiche, incentivi al canone concordato, e strumenti per rendere più accessibile la casa in affitto. Intanto, chi cerca una casa stabile si scontra con un mercato rigido, affollato e spesso inaccessibile.