Più ottimismo al Sud, e chi lavora o fa volontariato si sente più capace di costruire il futuro
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La speranza non è un sentimento scontato per le nuove generazioni. Solo il 46% dei giovani italiani si definisce "molto" o "moltissimo" speranzoso rispetto al proprio futuro. E la percentuale scende tra le donne e tra gli abitanti del Nord Est. È quanto emerge dall’indagine condotta dall’Istituto Giuseppe Toniolo e dall’Università Cattolica del Sacro Cuore.
Il rapporto fotografa un Paese dove la speranza giovanile non è distribuita in modo uniforme. A nutrirla sono soprattutto coloro che hanno trovato un senso alla propria vita, che sperimentano relazioni significative e che sono coinvolti nel lavoro o nel volontariato. Al contrario, chi si sente disorientato, solo o inattivo tende a esprimere una visione più cupa del futuro.
La ricerca si è basata su un modello articolato, la "Scala integrata della Speranza", che analizza il fenomeno attraverso quattro dimensioni:
Geograficamente, il Nord-Ovest è l’area dove si concentra la maggior quota di giovani speranzosi (47,6%), seguita dal Sud e Isole (46,2%), dal Centro (45%) e infine dal Nord-Est (44%). A livello qualitativo, i giovani del Nord-Ovest mostrano una maggiore fiducia, mentre quelli del Sud primeggiano in spiritualità.
Significative anche le differenze legate alla condizione lavorativa: chi lavora mostra livelli più alti in tutte le componenti della speranza, segno che l’autonomia economica e l’inserimento sociale giocano un ruolo cruciale nel benessere interiore.
Simile il discorso per il volontariato: praticato in modo continuativo o saltuario, è associato a un maggiore senso di padronanza, supporto e spiritualità. Al contrario, chi non ha mai fatto volontariato presenta punteggi più bassi in tutte le aree.
I giovani che si sentono più speranzosi riportano livelli superiori di benessere psicologico, sociale ed emotivo, oltre a una maggiore soddisfazione complessiva della propria vita. È un dato che, secondo gli autori della ricerca, non va sottovalutato.
"La speranza è molto più di un sentimento vago – spiega Elena Marta, docente di Psicologia sociale e di comunità alla Cattolica –. È una risorsa concreta, strettamente legata alla possibilità di progettare, dare senso all’esistenza, costruire legami e sentirsi parte attiva della società. Proprio per questo è grave che molti giovani, e soprattutto molte giovani donne, ne avvertano una carenza". La professoressa invita a costruire spazi intergenerazionali dove i giovani possano condividere esperienze e visioni del mondo, riscoprendo "categorie di senso" oggi spesso smarrite.
L’indagine è stata realizzata da Ipsos tra il 17 febbraio e il 3 marzo 2025 su un campione di 2001 giovani tra i 18 e i 34 anni, rappresentativo per genere, età, titolo di studio, condizione lavorativa e area geografica. Le interviste sono state condotte con metodologia CAWI (Computer Assisted Web Interview). Il progetto è stato sostenuto da Fondazione Cariplo e curato dai docenti della Cattolica Elena Marta, Daniela Marzana e Adriano Mauro Ellena.