L'autorizzazione della Bce all'espansione di Mediobanca verso Banca Generali lasciava sperare ma il no dell'assemblea degli azionisti chiude la partita
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Era arrivato il sì che Alberto Nagel aspettava: la Bce ha autorizzato Mediobanca ad acquisire il controllo diretto di Banca Generali, mentre Bankitalia aveva approvato il controllo indiretto delle controllate Generfid, Intermonte, Nextam, 8a+ Investimenti e Tosetti Value. Poi però l'assemblea degli azionisti ha deciso di bloccare il progetto del numero uno di Piazzetta Cuccia: "Un'opportunità mancata per effetto del voto espresso, in particolare, da azionisti che, anche nell'attività di engagement, hanno manifestato un evidente conflitto di interesse, anteponendo quello relativo ad altre situazioni/asset italiani a quello di azionisti di Mediobanca", questo il commento dell'amministratore delegato Nagel, principale sostenitore dell'ops su Banca Generali.
Nagel aveva deliberato l'anticipo dell'assemblea straordinaria dal 25 settembre al 21 agosto. Non solo una questione di calendario ma una mossa strategica per battere sul tempo Mps, la cui offerta ostile scade l'8 settembre.
Chi è l'uomo dietro questo piano? Nato a Milano il 7 giugno 1965, famiglia di Barletta con il papà di origini tedesche, Alberto Nagel sta per compiere sessant'anni portando con sé un curriculum che lo identifica come l'erede naturale della tradizione di Piazzetta Cuccia. Laureato alla Bocconi, ha iniziato la sua carriera proprio in Mediobanca, dove è diventato il delfino di Enrico Cuccia, il leggendario banchiere che aveva fatto proprio del suo istituto il tempio della finanza italiana.
La storia di Nagel si intreccia con quella di Mediobanca nel momento più delicato della sua storia recente. Quando nel 2003 arriva al vertice insieme al presidente Pagliaro, deve raccogliere l'eredità di Enrico Cuccia che aveva incarnato per decenni "la finanza laica" in contrapposizione a "quella cattolica del gruppo Intesa", creando un modello unico nel panorama bancario nazionale.
In oltre vent'anni ai vertici, Nagel è diventato il grande regista delle principali operazioni finanziarie italiane. Il suo nome è legato all'acquisizione di FondiariaSai da parte di Unipol, all'ultimo passaggio di mano di Rcs (dalla parte dei perdenti rispetto alla cordata di Urbano Cairo), fino all'offerta pubblica di Intesa Sanpaolo su Ubi Banca del 2020, dove ha agito come consulente creando una inedita "pax armata" con Carlo Messina.
Descritto dagli amici come "uno che non si arrende mai" e dai nemici come un opportunista estremo, Nagel ha saputo emergere silenziosamente come il vero timoniere di Mediobanca. Casa a Courmayeur, amante della palestra e dell'acqua minerale che preferisce all'alcol, ha costruito il suo potere attraverso "un incessante lavorio dietro le quinte e una fitta trama di relazioni".
La carriera di Nagel è costellata di scontri con i cosiddetti "poteri romani". Alla fine del primo decennio del 2000 ha difeso Mediobanca e Generali dalle mire di Cesare Geronzi. Oggi si trova di nuovo in prima linea contro un assalto che passa da Roma, dove risiede Francesco Gaetano Caltagirone, che insieme alla Delfin della famiglia Del Vecchio si è scontrato ripetutamente con lui sia sulle Generali che su Mediobanca. L'anticipo dell'assemblea serviva anche a evitare che crescesse il fronte del "no" ma non è servito, visto l'esito dell'assemblea del 21 agosto.
L'acquisizione di Banca Generali avrevve rappresentato nelle intenzioni il culmine di una strategia che Nagel persegue da anni. L'operazione prevedeva lo scambio di 1,70 azioni Generali per ogni azione Banca Generali, con un premio dell'11% e un valore di quasi sette miliardi di euro. Come aveva spiegato lui stesso, l'operazione avrebbe consentito "di procedere a una significativa riallocazione del capitale dal settore assicurativo a quello della gestione patrimoniale (la gestione dei patrimoni di clienti facoltosi). La gestione patrimoniale sarebbe diventata l'attività principale di Mediobanca non solo in termini di priorità, ma anche in termini numerici".
Per realizzare questa visione, Nagel era disposto a sacrificare un pezzo di storia: la quota del 13% nelle Assicurazioni Generali, che sarebbe stata utilizzata per pagare gli azionisti di Banca Generali. Un passaggio simbolico forte per chi guida un istituto che delle partecipazioni storiche aveva fatto la sua caratteristica distintiva.
Non era la prima volta che Nagel prova a mettere le mani su Banca Generali. Mediobanca aveva già tentato un'operazione alcuni anni fa, ma l'iniziativa era stata bloccata dall'intervento del gruppo Caltagirone e della Delfin, gli stessi soggetti che oggi si oppongono al progetto di crescita dell'ad milanese.
Con i sei mesi di tempo concessi dalla Bce per presentare il piano d'integrazione, Nagel dovrà dimostrare di saper gestire non solo le dinamiche finanziarie ma anche quelle politiche e azionarie. La partita con Caltagirone e Del Vecchio è tutt'altro che chiusa, e l'acquisizione di Banca Generali per ora chiusa, avrebbe potuto rappresentare "una nuova battaglia, forse l'ultima, in questa grande guerra".