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Europee, ecco perché è possibile scrivere solo il nome sulle schede elettorali

La legge non ha restrizioni particolari ma segue il principio del "favor voti" il quale indica che bisogna sempre cercare di privilegiare la volontà dell'elettore. Ma secondo i costituzionalisti si potrebbero generare moltissimi ricorsi

Europee, ecco perché è possibile scrivere solo il nome sulle schede elettorali - foto 1
Ansa

"Mi candido alle elezioni Europee e chiedo agli italiani di scrivere il mio nome sulla scheda elettorale, usando il mio nome di battesimo".

Con questa precisa indicazione il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ha annunciato la sua discesa in campo in nome di Fratelli d'Italia. Ma è possibile esprimere la propria preferenza, usando solo il nome di battesimo? La risposta è sì, è la legge italiana a prevederlo: non esiste su questo punto alcuna restrizione in quanto vige il principio del "favor voti", secondo il quale la validità del voto contenuto nella scheda deve essere ammessa ogni qualvolta sia possibile desumere l'effettiva volontà dell'elettore.

Europee, ecco perché è possibile scrivere solo il nome sulle schede elettorali - foto 2
Tgcom24

Lollobrigida: "Una possibilità garantita dalla legge italiana"

 A confermarlo dopo la kermesse di FdI a Pescara dove ha parlato il capo del governo, è il ministro dell'Agricoltura, Francesco Lollobrigida. "C'è la possibilità nelle elezioni di ogni tipo di dare all'elettore la scelta se mettere il nome per esteso oppure semplificarlo quando è chiarito in fase di presentazione di candidatura come è sostituibile il nome. Accade in tutte le elezioni, quindi ci sarà scritto 'Giorgia Meloni detta Giorgia'. È una possibilità che la norma dà proprio per semplificare il concetto". 

 

Gli altri casi: da Pannella a Sala

  In realtà è una formula che si pratica abitualmente da tempo. Spesso, infatti, leggendo la scheda elettorale si può notare una indicazione del tipo: "Marco Rossi detto Marco". Caso esemplare è stato quello di Marco Pannella, che sulla scheda elettorale era "Giacinto Pannella detto Marco". Il suo primo nome (per un errore burocratico commesso all'anagrafe, raccontò lui stesso) era Giacinto, ma era conosciuto da tutti come Marco. Altro caso notorio è quello del sindaco di Milano, che sulla scheda spunta come "Giuseppe Sala detto Beppe". Insomma, una mossa studiata per rendere vita facile a chi si recherà al seggio per votare.

 

I dubbi dei costituzionalisti: "Si rischia una valanga di ricorsi" - Ma nel caso della Meloni il "giochino" del detto Giorgia trova qualche perplessità.  L’avvocato amministrativista Gian Luigi Pellegrino, sentito da 'La Repubblica', la definisce "una gran furbata, che però non si può fare, perché il soprannome non può essere lo stesso nome". Ma quel “detta Giorgia” può essere bloccato? Secondo Pellegrino "gli uffici elettorali potrebbero non accettare quello che non è un soprannome, ma con questo clima non è probabile che lo facciano". Il costituzionalista di Perugia Mauro Volpi parla di “frode elettorale”. "È vero - spiega sempre a La Repubblica - che la legge legittima l’uso di uno pseudonimo o di un diminutivo o al limite del solo nome se il cognome è complicato o di difficile scrittura. Ma questo non è il caso di Giorgia Meloni. Nella sostanza c’è una frode agli elettori che deriva dal dire che lei è “una di loro”, il che corrisponde a una concezione populista e plebiscitaria che punta ad anticipare gli effetti del premierato".

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