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L'Italia non è un Paese per ciclisti

In 10 anni oltre 2.500 le vittime

Dal Web

Un'ecatombe su cui riflettere per invertire la triste e dolorosa tendenza.

In 10 anni in Italia sono stati 2. 556 i ciclisti vittime della strada. Nel 2010 il nostro è stato il terzo Paese europeo per numero di morti tra i ciclisti che percorrono le strade, 263 contro i 462 della Germania e i 280 della Polonia. Urge una campagna di sensibilizzazione, sulla quale sta lavorando la Fondaziona Ania.

Il modello è quello inglese, che pur vendo un numero di ciclisti vittime della strada nettamente inferiore all'Italia (1.275 in 10 anni, 104 nel 2010), ha lanciato tramite il Times una campagna civica a favore della sicurezza di questa utenza debole della strada. Nei giorni scorsi il famoso quotidiano londinese ha infatti aperto la prima pagina con un eloquente “Save our cyclists”, invitando istituzioni, associazioni e media a lavorare per la prevenzione e per rafforzare la sicurezza di chi percorre le strade su due ruote. E l'Italia dovrebbe fare lo stesso, ha detto il segretario generale della Fondazione Ania Umberto Guidoni, considerato che sono più di 11 milioni i nostri concittadini che si servono della bicicletta per il loro spostamenti.

Favorire la cultura del rispetto delle regole della strada è il compito di chi lavora nel campo della comunicazione, ma le istituzioni dovrebbero supportare queste campagne con leggi nuove e più incisive. Come quella per l'introduzione del reato di omicidio stradale, il cui iter legislativo ha rallentato negli ultimi mesi. Speriamo solo che l'argomento non diventi pressante quando, di solito con l'arrivo dell'estate, il fronte dell'emergenza traffico e incidenti non riproporrà il tema sicurezza sulla base di drammatici fatti di cronaca.