La sovrabbondanza di informazioni mediche disponibili in Rete alimenta nuove forme di ansia e, paradossalmente, di disinformazione
© Istockphoto
Una volta si parlava di malati immaginari, ovvero di quelle persone impressionabili che pensano subito al peggio non appena hanno un piccolo disturbo, o alle quali basta leggere la descrizione di una malattia per avvertirne tutti i sintomi. Oggi, in piena era digitale, Internet ci mette a disposizione una sovrabbondanza di informazioni mediche, ma invece di essere più informati e capaci di riconoscere i malanni di poco conto dalle situazioni di vero allarme, ci troviamo più disinformati di prima e sempre più spesso in balia di ansia e di timori anche ingiustificati. È la cybercondria, ovvero il disturbo che ci trasforma in ipocondriaci da Web.
CYBERCONDRIA: MALATI IMMAGINARI A CAUSA DEL WEB – La cybercondria è il particolare volto che assume l’ipocondria ai tempi di Internet: come capita a tutti gli ipocondriaci, basta un lieve malessere per temere di essere gravemente malati, o addirittura è sufficiente leggere la descrizione di una malattia per convincersi di presentarne i sintomi. La figura del malato immaginario ha antica data: oltre alla celebre commedia omonima di Molière (1673), una descrizione celebre e molto gustosa di questa fobia è presente già nel libro del 1889 “Tre uomini in barca” di Jerome K. Jerome: il protagonista racconta di essersi recato al Museo Britannico per leggere come curare una lieve indisposizione: dopo aver trovato il rimedio cercato, il personaggio comincia a sfogliare a caso le pagine del libro nel quale sono elencate in ordine alfabetico tutte le malattie conosciute. In breve tempo, il poveretto comincia con terrore ad avvertire in sé i sintomi di tutte le malattie descritte, dall’asma alla febbre tifoidea, tanto da concludere: “La sola malattia che riuscii a concludere di non avere fu il ginocchio della lavandaia”. Anche senza arrivare agli estremi descritti dalla penna felice dei grandi scrittori, il fatto di avere a disposizione una sovrabbondanza di informazioni, anche non pertinenti ma comunque capaci di sollevare ansie e timori, amplifica il fenomeno anche ai giorni nostri. Non appena ci viene diagnosticata una malattia, ci affrettiamo a cercarla in Rete, dove troviamo una grande massa di informazioni che, anziché renderci più consapevoli, ha il potere di spaventarci e, a volte, di farci dubitare della competenza del nostro medico. La cybercondria porta perciò questi soggetti a trascorrere molto tempo online alla ricerca di informazioni sulla propria salute, anche per sintomi minimi: la conclusione è che per lo più si finisce per interpretare in modo catastrofico le informazioni trovate. A questo punto l’ansia prende il sopravvento, si cerca di formulare da sé una diagnosi e ci si prescrive da sé una terapia, mettendo in dubbio le indicazioni del proprio dottore e a volte si arriva a perdere il contatto realistico con il proprio corpo.
AVER FIDUCIA NEL PROPRIO MEDICO – Uno dei modi in cui si manifesta la cybercondria è la ricerca compulsiva dei propri sintomi, o supposti tali, anche dopo che il medico li ha valutati e ci ha invitati a non preoccuparci. Una ricerca effettuata nel 2008 da Ryen W. White ed Eric Horvitz (Microsoft) ha evidenziato che “le informazioni ottenute dalle ricerche relative all'assistenza sanitaria possono influenzare le decisioni delle persone su quando rivolgersi a un medico per la diagnosi o la terapia, su come trattare una malattia acuta o far fronte a una condizione cronica, così come l’approccio generale a mantenere la salute". In pratica molti soggetti sono portati a sostituire le informazioni trovate in Rete con le indicazioni del medico curante, fondando su queste le proprie decisioni in materia di salute, alimentazione e benessere.
LE CAUSE DELLA CYBERCONDRIA - Le ragioni che portano a scivolare in questa spirale di informazioni fuorvianti e ansia possono essere varie e numerose: sono più esposti alla cybercondria i soggetti fragili, che magari hanno alle spalle una malattia grave vissuta in prima persona o nella cerchia familiare. Questa particolare forma di ansia può verificarsi anche in situazioni di grave minaccia, reale o percepita, per la salute generale, come è avvenuto, ad esempio, in occasione della pandemia di Covid-19, quando l’umanità si è trovata alle prese con una malattia nuova e spaventosa, della quale non si sapeva quasi nulla. Ha un peso importante anche il contesto culturale e lo stile educativo assimilato da alcune persone di riferimento, come genitori, insegnanti e amici intimi.
COME AFFRONTARE L’IPOCONDRIA DA INTERNET - L'abitudine a cercare in Internet informazioni sulla salute, compresi disturbi, sintomi e possibili terapie, è del tutto comprensibile e legittima. Se però la ricerca avviene troppo spesso, se si protrae troppo a lungo e soprattutto non genera risposte soddisfacenti, ma solleva ansia e preoccupazione crescenti, deve essere considerata come cybercondria e come tale deve essere gestita. Ecco qualche consiglio.
- Affidarsi a fonti qualificate: scegliamo con cura i siti da cui attingiamo le informazioni legate alla salute, ad esempio quelli di organizzazioni mediche o istituti di ricerca. Meglio non fidarsi di forum, social network e siti non verificati, che possono divulgare informazioni sbagliate, imprecise e alimentare l’ansia.
- Limitare il tempo dedicato alle ricerche online: prolungare troppo la caccia a sintomi e possibili terapie può ingigantire la paura. Interrompiamo immediatamente lo studio se ci sentiamo agitati e impauriti, distogliamo l'attenzione e concentriamoci su un'attività piacevole e coinvolgente per calmarci.
- Evitare l'autodiagnosi: Il tentativo o la presunzione di curarsi da sé può portare, oltre ad aumentare l'ansia, a interpretazioni errate dei sintomi. Meglio parlare delle proprie preoccupazioni con persone fidate, facendosi semmai aiutare a individuare un medico competente ed empatico, al quale confidare le proprie preoccupazioni e affidarsi per una diagnosi certa e per la terapia più corretta.
- Non trascurare la prevenzione, ma se la cybercondria arriva a interferire con la vita quotidiana, è importante chiedere aiuto a uno psicologo o a un terapeuta.