Questione di sessi

L’arte delle chiacchiere: le donne parlano davvero più dei maschi?

La scienza conferma, ma solo in parte, questo luogo comune e rivela una realtà molto più complessa

24 Apr 2025 - 05:00
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Le chiacchiere sono una specialità delle donne. A sostegno di questo luogo comune sono arrivati nel corso degli anni alcuni studi e ricerche, ma, a ben vedere, la scienza lo ha confermato solo in parte, rivelando una realtà molto più complessa e articolata. Gli studi confermano che le bambine imparano a parlare realmente prima e meglio dei maschietti; si è detto anche che una donna pronuncia ogni giorno in media un numero di parole quasi triplo rispetto ai maschi, ma questo dato è stato poi smentito. Gli ultimi studi hanno scoperto che la maggiore propensione femminile alla parola, molto meno accentuata di quanto non si pensasse, si concentra in un certo arco della vita. Sappiamo anche che la maggiore loquacità femminile dipende probabilmente da una proteina. Facciamo il punto sugli ultimi studi e, al di là di quello che dicono le ricerche, cerchiamo di capire se parlare di più sia poi un fatto così negativo.

QUANTO PARLANO I MASCHI E FEMMINE - Nel corso degli anni diversi studi hanno confermato che le bambine imparano a parlare prima dei maschietti e che arricchiscono il loro vocabolario più velocemente. La motivazione profonda di questi risultati è però rimasta in dubbio a causa della difficoltà nello stabilire quanto ciò dipenda dal contributo genetico e quanto sia invece frutto del contesto ambientale. Uno studio condotto alcuni anni fa dalla neuropsichiatra Louann Brizendine, pubblicato in "The Female Brain", ha rivelato ad esempio che le donne pronuncerebbero circa 20.000 parole al giorno, mentre gli uomini solo 7.000. Questa ricerca, che ai tempi ha fatto molto discutere (anzi, chiacchierare), è stata in parte smentita da un altro lavoro, pubblicato su "Science" e curato da Matthias Mehl, professore di Psicologia all’Università dell’Arizona: i maschi e le femmine pronuncerebbero quotidianamente circa lo stesso numero di parole, in media intorno alle 16.000. I dati di questo studio, però sono stati giudicati imprecisi dallo stesso Mehl, a causa del numero limitato di casi presi in esame, ridotti a soli 500 partecipanti, per di più quasi tutti studenti di college e abitanti a Austin, in Texas. Lo studioso stesso ha quindi ripreso la questione a distanza di 18 anni, portandovi nuova luce: le donne parlerebbero effettivamente un po’ più degli uomini, ma solo nella parte centrale della loro vita, cioè tra i 25 e i 64 anni e con uno scarto di appena 3.000 parole circa in più al giorno rispetto ai maschi. La quota di lemmi “consumati” al giorno sarebbe di circa 21.845 di lei contro circa 18.570 di lui. Lo studio, pubblicato poche settimane fa sul "Journal of Personality and Social Psychology" , stavolta ha analizzato 630.000 registrazioni audio di conversazioni intercorse tra 2.197 partecipanti (oltre il quadruplo dei casi presi in esame la volta precedente), raccolte in 22 studi condotti in quattro Paesi.

LA PROTEINA DEL LINGUAGGIO – Un altro interessante contributo sull’argomento viene da un altro lavoro, pubblicato nel 2013 sul “Journal of Neuroscience” e firmato da J. Michael Bowers e Margaret McCarthy dell’Università del Maryland a Baltimora. Gli studiosi hanno scoperto che le differenze di genere in materia di linguaggio corrispondono a una diversa espressione del gene FOXP2, collegato nei mammiferi alla capacità di vocalizzazione. In particolare, i due ricercatori hanno scoperto che nella specie umana i livelli della proteina FOXP2, codificata dall'omonimo gene, sono del 30% più elevati nel cervello delle bambine rispetto ai maschietti, le quali hanno in effetti maggiori e più precoci capacità comunicative. Nelle cavie da laboratorio, invece sono stati osservati livelli più alti della stessa proteina nei cuccioli maschi, i quali, in effetti, chiamano la madre con più decisione rispetto alle femmine quando vengono separati da lei. Inoltre, nella cavie in cui la proteina veniva inibita, si è registrata un abbassamento delle capacità comunicative. I ricercatori hanno quindi concluso che sia proprio la proteina FOXP2 a determinare le differenze di genere osservate nell’apprendimento e uso del linguaggio.  

UNA QUESTIONE DI ETÀ - Ritornando al lavoro svolto da Matthias Mehl, non è semplice spiegare la discrepanza tra donne e uomini sul numero di parole spese nella fase centrale della vita rispetto all'età infantile e a quella anziana. Se la differenza dipendesse da fattori biologici, ad esempio dagli ormoni, la differenza si dovrebbe osservare anche tra gli adolescenti e tra i giovani adulti, mentre così non è. La discrepanza non è neppure riconducibile a un fatto generazionale, dato che tende ad annullarsi in età anziana, nella quale anziani e anziane pronunciano in pratica lo stesso numero di parole. La spiegazione più probabile sembra dunque legata al fatto che nell’età adulta sono soprattutto le donne a occuparsi della cura dei figli e delle altre persone della famiglia, oltre che del loro lavoro e delle consuete relazioni sociali: questo offrirebbe loro un maggior numero di occasioni in cui poter (o dover) parlare.

PARLIAMO SEMPRE DI MENO – Infine un ultimo aspetto è curioso da sottolineare. Lo studio di Matthias Mehl ha rilevato che negli ultimi anni tendiamo a pronunciare sempre meno parole. Insomma, indipendente dal fatto di essere uomini o donne, parliamo sempre di meno. Il numero di parole pronunciate quotidianamente è sceso infatti per entrambi i sessi da 16.000 a 13.000, circa. La ragione non è ancora chiara e per appurarla occorrono studi ulteriori. L’ipotesi dello studioso è che questa tendenza al silenzio non dipenda da maggiore riservatezza, o alla convinzione che il silenzio è d’oro, ma che più prosaicamente sia legata all'uso sempre più intenso di social media e piattaforme di messaggistica. Che questo sia un bene o un male, però, è tutto da discutere.

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