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Thyssen, lettera di un dirigente condannato: "Non sono un assassino"

Marco Pucci: "Sono vittima di un enorme errore giudiziario"

Ansa

''Sono un assassino e non sapevo di esserlo''.

Inizia così la lettera di 'protesta' scritta da Marco Pucci,consigliere delegato della Thyssenkrupp Acciai speciali Terni, condannato lo scorso 15 aprile dalla Corte d'Assise di Torino a 13 anni e mezzo di reclusione per il rogo della fabbrica piemontese. "Sono soltanto vittima di un enorme errore giudiziario, di un processo mediatico".

Pucci si dice ''assolutamente fiducioso'' che la sentenza ''verra' ribaltata'' in appello, anche perchè, spiega, il luogo della tragedia lui non lo aveva mai visto: "Subito dopo il drammatico incidente di Torino andai in quella città, che non era usualmente meta della mia attività, ed in quello stabilimento, che non avevo mai visto prima. Andai a Torino per portare il cordoglio, della nostra società, ai familiari delle vittime tragicamente scomparse. Nessuno mi considerava un assassino, tutti mi accolsero con garbo e con parole di comprensione''.

Nella lettera si parla poi di un ''tam tam mediatico'' che ''ha cominciato, a senso unico ed in modo assordante, ad inculcare nella coscienza collettiva che i manager della multinazionale tedesca erano tutti degli assassini ed in questo vortice mediatico, io e i miei colleghi, siamo diventati degli assassini''. Pucci sostiene poi che secondo la ricostruzione accusatoria, come consigliere delegato avrebbe preso decisioni congiunte con altri due colleghi del Consiglio di amministrazione in merito agli investimenti ed alla sicurezza dello stabilimento di Torino. ''Nell'ambito di un 'sedicente' comitato esecutivo - scriva ancora - che né al tempo del tragico incidente né dopo, esisteva ed esiste''. ''Mi chiedo, alla luce della condanna inflittami - prosegue il dirigente -, qual è la mia colpa? Mi chiedo, se l'incidente fosse accaduto in una fabbrica non destinata a chiudere, le accuse e la condanna sarebbero state le stesse? Mi chiedo, se fosse stata coinvolta un'azienda italiana al posto di una multinazionale tedesca, l'esito del processo sarebbe stato lo stesso?''.

Pucci si aspetta  di avere, ''fin dal prossimo grado di giudizio, un ambiente sereno, senza l'assurda amplificazione mediatica che ha accompagnato il giudizio di primo grado. 'Perche' quello che tutti ci aspettiamo - conclude - e lo dobbiamo soprattutto alla memoria dei sette ragazzi deceduti, e' che venga fatta giustizia, quella vera''.