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Matacena: "Io vittima di un complotto" Cassazione: "Disperato che farnetica"

Lʼex deputato di Forza Italia rompe il silenzio da Dubai: "Scajola è un amico. Eʼ normale chiedergli aiuto. Penso tutti i giorni al rientro in Italia, ma aspetterò lʼesito del ricorso"

amedeo matacena, personaggi
ansa

Da Dubai, dove è fuggito in seguito alla condanna per concorso esterno mafioso, Amedeo Matacena si dichiara vittima di un complotto.

"Contro di me c'è stato un complotto-vendetta. Tutti coloro che mi hanno colpito hanno avuto gratifiche e avanzamenti di carriera all'interno del loro sistema di lavoro", ha detto l'ex deputato. Pochi giorni fa l'ex ministro Claudio Scajola era stato arrestato con l'accusa di aver aiutato Matacena nella sua latitanza.

"Senza Chiara non posso vivere"

- Su sua moglie, Chara Rizzo, attualmente detenuta alle Baumettes, a Marsiglia, dice, in lacrime: "Spero che mia moglie riesca a patire questa vicenda senza perdere se stessa. Se lei perdesse se stessa, allora io non avrei più modo di vivere".

"Aiuto a Scajola? Normale: è un amico"

- E poi, parlando con l'Ansa da Dubai, continua, in riferimento all'ex ministro: "I miei rapporti con lui, nati nel 1994 quando fui eletto per la prima volta al Parlamento con Forza Italia, si sono rafforzati con il nostro trasferimento a Montecarlo. Mia moglie ha perso suo padre, che era coetaneo di Scajola, e quindi vede in lui una figura paterna. Mi sembra normale che una donna che si trova in difficoltà vada a chiedere aiuto ad un amico che ha grandi esperienze".

"Rientro in Italia, ci penso continuamente"

- "Al mio rientro in Italia ci penso tutti i giorni - continua -. Ma ritengo che devo aspettare l'esito del ricorso in Cassazione e quello fatto alla Corte europea dei Diritti dell'uomo". E aggiunge: "Quella della mia latitanza dorata è una fantasia. Serve per arricchire il caso dal punto di vista del gossip. Io vivo in quaranta metri quadrati e questa storia della latitanza dorata è veramente infondata".

La Cassazione smentisce la tesi del complotto

- "Sono solo farneticazioni di una persona disperata che è a tutti gli effetti un latitante per essersi sottratto a una condanna definitiva che poggia su 'fatti storici' accertati e pacifici sui suoi contatti con la cosca Rosmini". Così fonti della Suprema Corte smentiscono la tesi del complotto-vendetta sostenuta da Matacena.

"In Cassazione, nei procedimenti che riguardavano Matacena, non c'è stato alcun collegio precostituito ed è singolare che si lamenti del fatto che i suoi legali avrebbero visto un magistrato nell'ufficio del Primo presidente. Chi mai dovrebbe esserci nell'ufficio del Primo presidente se non dei magistrati? E' una cosa perfettamente normale", proseguono le stesse fonti della Suprema Corte che ricordano anche come il collegio della condanna definitiva "non sapeva nemmeno chi fosse Matacena".

"Da quanto si è sottratto al provvedimento di esecuzione della pena - aggiungono - Matacena è un latitante. Sottrarsi alla condanna non è reato: tuttavia la condizione di latitanza diventa una aggravante se si commettono altri reati mentre si è 'uccel di bosco'. Ma gli Emirati Arabi sono un Paese molto severo e difficilmente chi si rifugia a Dubai, in genere persone con ingenti disponibilità, si lascia andare alla sciocchezza di commettere crimini".