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Muse, in Drones cʼè il futuro che ci aspetta: "La tecnologia ci sta sfuggendo di mano"

La band inglese pubblica il 9 giugno il nuovo album: un concept su un futuro apocalittico dominato da droni, con un sound decisamente più rock rispetto al passato recente. Il 18 luglio saranno in concerto a Roma

muse drones 2015
ufficio-stampa

Esce il 9 giugno "Drones", il nuovo album dei Muse che segna il ritorno della band di Matt Bellamy a tre anni dal controverso "The 2nd Law". "Drones" guarda al passato nel sound, decisamente più rock, e nel suo essere un concept basato sul conflitto tra umanità e intelligenza artificiale. "I droni sono una metafora di dove l'evoluzione tecnologica ci sta portando - dice Bellamy a Tgcom24 -. Dobbiamo difendere la nostra umanità".

Muse, in Drones cʼè il futuro che ci aspetta: "La tecnologia ci sta sfuggendo di mano"

Un lavoro complesso, decisamente più compatto rispetto allo Zibaldone stilistico del precedente lavoro, e per il quale il gruppo si è affidato alla produzione di una vecchia volpe come Mutt Lange. Uno in grado di dare un colpo al cerchio e uno alla botte, avendo messo la sua firma in passato su capisaldi del rock mainstream, come "Back in Black" degli Ac/Dc, così come su grandi successi dal taglio pià pop, da Shania Twain ai Maroon 5. "Drones" è un lavoro diretto, con chitarre "ignoranti" e batteria in grande evidenza e un concept non certo inedito (basti pensare a un capolavoro del prog rock fine anni 80 come "Operation: Mindcrime" dei Queensryche) ma sempre di grande attualità e fascino. Talmente aperto nelle sue implicazioni da avere in questo caso un doppio finale, di segno completamente opposto.

Un concept tutto di Bellamy, che ha composto per intero l'album. "L'ispirazione è arrivata dalla lettura di 'Predators, The CIA's Drone War on Al Qaeda', un libro molto interessante sull'utilizzo dei droni in guerra - spiega lui -. L'ho trovato scioccante. Capisci come Obama possa fare colazione e appena finito decidere di far uccidere qualcuno in modo semplice e pulito perché eseguito con dei droni. E poi ci sono le implicazioni dell'intelligenza artificiale sul futuro: avremo droni che potranno decidere in autonomia di uccidere senza che un umano li programmi per farlo. Per me questo è un punto di non ritorno della strana evoluzione della tecnologia e del suo impatto sulle nostre vite".

"Il concept dell'album è derivato da questo - aggiunge il leader della band -. Mi sembrava che fosse una perfetta metafora di quello che l'umanità è diventata e allo stesso tempo si incrocia con la storia di una persona che perde la speranza, diventa una sorta di drone, privo di pensiero e vittima di un lavaggio del cervello imposto da altri. Ma poi si ribella riscoprendo la propria umanità. Questa è la principale storia, i droni sono un topic metaforico". "Il messaggio sotteso - aggiunge il bassista Chris Wolstenholme - è che bisogna trovare la propria voce e non aver paura di usarla. E per questo ci si può ribellare, anche se si tratta di una ribellione pacifica".

Se il tema del disco è stato ispirato da un libro, la sua costruzione è figlia anche di influenze cinematografiche. In particolare emerge tutto l'amore di Bellamy per Stanley Kubrick. "Soprattutto '2001 Odissea nello spazio' è stato un punto di riferimento per la relazione che si instaura tra gli umani e l'intelligenza artificiale - spiega -. Invece il recitato 'Drill Sergeant' è direttamente ispirato alle sfuriate del sergente di 'Full Metal Jacket'. Purtroppo non abbiamo potuto prendere l'audio originale per questioni di diritti e abbiamo dovuto riregistrarlo, ma il riferimento è quello".

Rispetto agli ultimi lavori "Drones" segna una cesura piuttosto evidente sul piano sonoro. "E' nato tutto già all'epoca dell'ultimo tour - spiega il batterista Dominic Howard -. Eravamo a Firenze e stavamo discutendo di quali sarebbero stati i passi futuri da fare e tutti abbiamo concordato che avevamo bisogno di tornare a qualcosa di più concettuale e rockeggiante. 'The 2nd Law' era un lavoro tutto di studio, con le canzoni nate lavorando su sovrapposizioni sonore e sperimentazioni. Questa volta siamo partiti dalla musica, da noi tre in una stanza a suonare e il sound è venuto naturalmente più heavy". "Nei due album precedenti ci siamo autoprodotti e probabilmente questa cosa ci aveva un po' portato fuori strada - aggiunge Bellamy -, passando più tempo a occuparci della produzione che a suonare. Mi piacciono quei due lavori, ci hanno permesso di esplorare territori nuovi ma 'Drones' ci ha riportato alla musica "suonata". Per questo abbiamo voluto un produttore esterno, volevamo essere concentrati sulla musica, riprenderci i nostri strumenti e tirare fuori da quelli il suono del disco. Oltretutto visto che il tema del disco è una lotta tra umanità e tecnologia, con quest'ultima vista come 'il male', aveva ancora più senso realizzare l'album in un modo più 'umano'".

L'idea di un concept alla vecchia maniera potrebbe scontrarsi pesantemente con il modo sempre più frazionato in cui la musica viene fruita oggi, tra download e streaming, ma Bellamy non si preoccupa. "Sempre più spesso gli album sono una semplice collezione di canzoni slegate - dice il cantante -. Così concepiti sono una formula morente e non a caso il singolo è tornato a essere centrale. Ma credo che abbia ancora senso mettere enfasi sul realizzare un lavoro organico: lo ha se hai un concetto forte e una relazione che lega i vari brani". Se spesso il passo dal concept alla rock opera è breve, Bellamy non vede questa possibilità per "Drones". "Credo sia troppo astratto in alcuni passaggi per essere rappresentato come una rock opera - dice -. In ogni caso nei concerti estivi (il 18 luglio saranno al Rock in Roma - ndr) faremo solo alcuni pezzi, perché i festival non sono l'occasione giusta per rappresentare un lavoro come questo ma molto probabilmente nel tour nelle arene in autunno lo eseguiremo integralmente con un apparato scenografico... adeguato".