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Air, morbidezza del "French touch"

Tour in Italia, Tgcom intervista il duo

Per la serie "forse non tutti sanno che...", gli Air si chiamano così non tanto per un richiamo "etereo", ma perché la "A" equilavale ad "amour", la "I" a "imagination" e la "R" a "rêve", sogno.

Un manifesto programmatico già nel nome, quindi, che il duo francese ha costantemente seguito nei suoi quindici anni di attività. "Moon Safari", datato 1998, li fece conoscere al mondo esaltando pubblico e critica, che li collocò nell'ala più raffinata di quel "French touch" che rielaborava le atmosfere gainsbourghiane con l'elettronica, la house e qualche venatura pop.

Nicolas Godin e Jean-Benoît Dunckel sono andati avanti in questi anni nella loro ricerca musicale, hanno sposato, sempre in linea con la loro poetica, progetti più o meno coraggiosi e di sicuro non hanno lasciato indifferenti chi li aveva apprezzati dagli esordi. Gli Air si amano, ma si discutono, anche impietosamente, e non è che i tre dischi successivi a "Moon Safari" abbiano raccolto consensi unanimi, anzi... Diciamo che ripetersi dopo il primo lavoro era difficile, molto difficile.

Ora è uscito "Love 2", che al primo ascolto ha una linea di continuità molto marcata con "Moon Safari", ma la musica degli Air è talmente sfuggente (ed è un pregio, non un limite) che è assai facile assimilarla al tutto e al contrario di tutto. Di questo e di altro abbiamo parlato con Jean-Benoît Dunckel, la metà "matematica" del duo, in Italia per tre date a Milano, Bologna e Roma.

Si è parlato di "Love 2" come di un vostro ritorno al passato, alle atmosfere di "Moon Safari" dalle quali vi eravate un po' allontanati nel corso degli anni. E' solo un giudizio dei critici o è davvero così?
No, non penso. Possiamo sicuramente ritrovare quel tipo d’atmosfera in alcune tracce ma l’album nel suo complesso risulta più orientato verso la pop music in generale. Quindi non direi che si tratti dello stesso genere.

Avete praticamente fatto tutto da soli, compresa l'autoproduzione del disco. Come mai questa scelta?
In effetti è stata una scelta abbastanza naturale, qualcosa che abbiamo sempre fatto nella nostra carriera a partire dal nostro album d’esordio. L’unica eccezione è rappresentata dall’album “5:55”, nel quale abbiamo lavorato con Charlotte Gainsbourg, dove non abbiamo curato il progetto nella sua totalità.

Già il titolo del disco richiama l'amore, avete affermato più volte che dedicate tutte le vostre canzoni alle donne. Da dove nasce questo romanticismo d'altri tempi?
E’ vero, noi siamo sempre stati romantici. Adesso però siamo in un periodo in cui le persone in generale, sembrano tornate a ricercare l’amore. Avvertiamo il bisogno di trovare qualcuno con cui passare bei momenti e con cui – magari – trascorrere il resto della propria vita.

Da un lato romantici, quindi, quasi d'altri tempi. Dall'altro però modernissimi, perché la vostra musica non ci sarebbe senza la "fredda" tecnologia. Come conciliate queste due anime?
Beh, diciamo che è stata una cosa naturale, che è venuta da sola. Sono sempre stato ispirato particolarmente dalla fisica, avendola studiata per tutta la mia vita. Entrambi siamo molto attratti dalla scienza, ci piace conoscere tutti i vari aspetti della musica anche come processo materiale, come innovazione e scoperta tecnologica. Sono convinto che al giorno d’oggi per continuare ad essere moderni e a suonare “nuovi” bisogna costantemente aggiornarsi tecnicamente e sperimentare con strumenti particolari e non consueti come facciamo da sempre noi nei nostri live.


Nel disco ci sono omaggi all'Inghilterra, echi di ritmi afro e brasiliani, insomma un qualcosa che sembra abbracci tutto il mondo. Eppure c'è chi vi rimprovera di essere troppo maledettamente francesi. Come la prendete?
Prima di tutto non capisco cosa significhi essere “troppo francesi”, è semplicemente la nostra natura. Non credo che sia possibile combattere contro la propria natura, per quanto possiamo sperimentare ed innovare, comunque resteremo sempre francesi, e magari per qualcuno sempre “troppo” francesi. Quando io penso a qualcosa di francese, penso all’essere romantici, all’amore, all’essere gentili ed educati e magari al bacio alla francese.

Parlando di contaminazioni tra diverse forme d’arte, potete dirci qualcosa riguardo la vostra collaborazione con la regista Sophia Coppola?
L’abbiamo incontrata un paio di volte mentre stava montando il film, le abbiamo fatto sentire dei pezzi e lei li ha montati subito sulle immagini. Credo che la nostra musica abbia dato un tocco più dark e sofisticato a un film (Il giardino delle vergini suicide, ndr) che prima sembrava più per teenager.

In un disco ha collaborato con voi Alessandro Baricco, cosa vi rimane di quell'esperienza? Avete intenzione di portare avanti altri progetti singolari di quel genere?
E’ stata sicuramente un’esperienza estremamente interessante, anche perché abbiamo imparato ad usare la nostra musica come se fosse uno sfondo per le parole di qualcun altro invece che essere la protagonista della scena, in primo piano. Certamente, se dovesse capitare un’altra occasione del genere, saremmo interessati a ripetere questo tipo d’esperienza, magari tentando di innovare ancora. Siamo sempre aperti a nuovi orizzonti ed esperimenti.

Dato che avete sempre definito Serge Gainsbourg come una delle vostre principali influenze, come è stato lavorare con sua figlia Charlotte?
E’ stata un’esperienza molto “cool” perchè Charlotte è una persona con cui abbiamo lavorato benissimo ed ha soprattutto una voce veramente unica e particolare. E’ stata un’occasione per imparare reciprocamente qualcosa di nuovo e non sarà certamente l’ultima collaborazione.

Nel 1998, con "Moon Safari", eravate considerati degli innovatori. Nel panorama musicale attuale chi pensate stia innovando veramente?
...
(C'è un silenzio di una decina di secondi, poi una risata)
Ecco, questa è la mia risposta!

Domenico Catagnano e Matteo Fracassi


Air in concerto
21 gennaio ai Magazzini Generali di Milano
22 gennaio all'Estragon di Bologna
23 gennnaio all'Auditorium Parco della Musica di Roma
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