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Quante stupidaggini dai saggi sui costi della politica

Di Mario Giordano

LaPresse

1) Il finanziamento pubblico ai partiti va bene. Anzi: è “ineliminabile”.
2) I partiti devono godere anche di altri privilegi: sgravi fiscali robusti per chi li finanzia e accesso gratuito ai locali pubblici.
3) Il finanziamento ai gruppi parlamentari deve rimanere ma non diventare una “forma di finanziamento ai partiti” (e come? Valloasapere).
4) I costi della politica li controlla la Corte dei Conti, con l'unica avvertenza che bisogna “uniformare i criteri di controllo” (avessi detto).

Saranno pure saggi, questi saggi, ma a me pare che dicano un sacco di sciocchezza. Almeno nel capitolo sesto, quello dedicato a “regole per l'attività politica e per il suo finanziamento” (pagine 24-26) della relazione sulle riforme istituzionali, beh, le soluzioni proposte sono pressoché nulle e le banalità invece molte. A cominciare proprio da quell'”ineliminabile”. Viene giustificata così: bisogna salvare la “correttezza della competizione democratica e evitare che le ricchezze private possano condizionare impropriamente l'attività politica”. Insomma la solita scusa: se i partiti non prendono soldi pubblici finiscono nelle mani dei soliti noti. Come se il finanziamento pubblico avesse garantito finora il perfetto funzionamento democratico e la trasparenza…

Non diciamo scemenze: l'unico modo per rendere i partiti democratici e trasparenti è quelli di affamarli, togliere loro ogni finanziamento pubblico e costringerli ad andare a conquistare finanziamenti dai loro sostenitori. Si vuole evitare che i ricchi prevalgano? Basta mettere un tetto ai contributi. Massimo contributo possibile: 50mila euro. Oppure 100mila euro. Oppure 30mila euro. Vuoi i soldi? Conquistali con la forza delle tue idee. Non con il furto di una legge che palesemente viola, in nome della democrazia, la volontà popolare espressa con referendum…