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Italicum, l'assemblea Pd vota la linea RenziIl partito si divide, Speranza si dimette

Al momento del voto mancano allʼappello gli esponenti della minoranza Dem: su 310 votano solo in 190

matteo renzi direzione pd italicum
ansa

Alla fine di un'infuocata assemblea, il Pd vota la linea Renzi sulla legge elettorale.

"Avanti senza modifiche", aveva detto il premier all'inizio dell'incontro con i deputati del Partito Democratico. Una posizione che ha trovato contraria tutta la minoranza Dem che al momento del voto ha deciso di uscire: l'Italicum alla fine passa con 190 sì, l'unanimità dei presenti, ma all'appello manca oltre un terzo del gruppo.

Italicum, lʼassemblea Pd vota la linea RenziIl partito si divide, Speranza si dimette

Nell'aprire l'assemblea dei deputati, Renzi è moderato nei toni, netto nella sostanza: è l'ora di "chiudere la discussione sulla legge elettorale in modo definitivo", scandisce subito. Nessuna sorpresa per la minoranza: a Roberto Speranza e Gianni Cuperlo, che tentavano un'estrema mediazione, nel pomeriggio il segretario-premier ha offerto ben pochi margini. Unica concessione: l'apertura a "ulteriori modifiche alla riforma costituzionale", che è all'esame del Senato.

Renzi: "E' ora di votare la legge elettorale e andare avanti con l'agenda di governo"

- Ma la richiesta di cambiare il testo dell'Italicum viene respinta. Non solo, spiega il premier, perché "tecnicamente" la legge è "in linea con quanto proposto sin dai tempi dell'Ulivo", ma anche perché politicamente è l'ora di chiudere il capitolo delle riforme e andare avanti con l'agenda del governo, dai decreti fiscali, in Cdm il 21 aprile e il 16 giugno, alle intercettazioni ("Bisogna chiudere la partita") al contrasto alla povertà.

Fallisce la mediazione, Speranza si dimette

- All'ennesimo appello della minoranza a modificare l'Italicum, Renzi risponde chiaramente no, avvertendo come lo stesso destino del governo sia legato "nel bene e nel male" all'approvazione del testo "così com'è, senza cambiare neanche una virgola". E' questo il fallimento di ogni tentativo di mediazione: Roberto Speranza ne trae le conseguenze e si dimette da capogruppo.

Il "dissenso sull'Italicum è profondo", dice Speranza, che parla subito dopo il premier. Conferma il sostegno al governo e al Pd, ma ammette la personale sconfitta: "Non sono nelle condizioni di guidare questa barca perciò rimetto il mio mandato di presidente e non smetto di sperare che questo errore che stiamo commettendo venga risolto".

La minoranza Dem lascia l'assemblea

- La minoranza chiede di sospendere i lavori dell'assemblea, ma si va avanti. E allora Civati, Bindi, Fassina, D'Attorre e altri si alzano e vanno via.

Pier Luigi Bersani resta e parla: "Se si vuole, si può cambiare. Se non volete farlo, non sono convinto, se si va avanti così non ci sto".

Renzi tenta di ricucire con Speranza

- Renzi, nel suo intervento di replica, ribadisce le sue ragioni ma chiede a Speranza una ulteriore riflessione sulle ragioni delle sue dimissioni e propone una assemblea ad hoc per la prossima settimana.

Area riformista, la componente di Speranza, decide di non partecipare al voto dell'assemblea ma resta, perché non si interpreti la rottura come un preannuncio di scissione. La situazione è ancora recuperabile, secondo i più moderati: anche le dimissioni del capogruppo, sottolinea Matteo Mauri, non sono "definitive".