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Renzi: "Mai usciti dalla recessione ma l'Italia ce la può ancora fare"

Il presidente del Consiglio sottolinea che però, per farlo, il Paese deve cambiare. Anche grazie alle riforme. E al taglio delle tasse: "Nel 2015 ridurremo la pressione fiscale con una manovra di riduzione delle spese"

renzi, scherma
agenzia

"Dalla recessione non siamo mai usciti tecnicamente": a dirlo è il presidente del Consiglio Matteo Renzi parlando dei dati del Pil negli ultimi anni. Il premier sottolinea però che "alcuni dati dicono che persino paesi come la Germania che hanno dati molto meglio dei nostri iniziano a dare segnali non belli". In ogni caso, "con buona pace di gufi e sciacalli l'Italia non è finita e può continuare ad essere un punto di riferimento".

Il Paese ce la può fare, spiega Renzi a In Onda su La7, perché "siamo la seconda manifattura d'Europa, c'è domanda d'Italia nel mondo. C'è spazio, ma l'Italia deve cambiare". E sottolinea che "la recessione tecnica dipende dal segno meno consecutivo negli ultimi due trimestri. Ma negli ultimi anni l'Italia ha il segno meno per 11 volte, tranne una pausa. Dalla recessione non siamo mai usciti". Ad ogni modo, "l'Italia ha delle condizioni economiche per le quali è molto più forte delle paure di chi o teme un default o un fallimento. L'ipotesi che arrivino lettere da Bruxelles non esiste".

Comunque, per stare sotto il 3% di rapporto deficit/Pil "anche con una crescita non esaltante, a noi servono 16 miliardi di spending review per il 2015". E ribadisce che "le scelte sono della politica, noi non abbiamo un soggetto tecnico esterno che decide in autonomia".

Anche per questo il presidente del Consiglio dice di essere "assolutamente d'accordo con Draghi", il quale "ha detto una cosa sacrosanta: dobbiamo rimettere in ordine l'Italia per farla diventare più competitiva. E le parole di Draghi sono la migliore risposta ai critici del Senato, che è una delle riforme che stiamo facendo".

E proprio sulla riforma del Senato spiega come "oggi si è finito di votare gli emendamenti. Scommettevano che non ce l'avremmo fatta, ora io dico grazie ai senatori che hanno sopportato gli insulti e hanno portato a casa il voto di 7.000 emendamenti alcuni dei quali ostruzionistici".

Si tratta, rimarca il premier, di una riforma che non è "del Pd o di una parte" ma è importante perché dimostra "che la politica per una volta non chiede sacrifici alla gente ma a se stessa. Gli 80 euro sono il simbolo che per la prima volta non abbiamo chiesto ma dato ai cittadini, e i politici a loro volta per la prima volta iniziano a tagliare loro stessi".

E a proposito di tagli, annuncia che "nel 2015 riduciamo ulteriormente la pressione fiscale: se nel 2014 abbiamo dato 80 euro da maggio, abbiamo fatto 8/12 mentre il prossimo anno ridaremo tra i 10 e gli 11 miliardi. Ci sarà una manovra di taglio alla spesa" iniziata già con la riduzione alle auto blu, il tetto agli stipendi dei manager, l'intervento sui quarantamila centri di spesa. "Ma si è fatto abbastanza? No".