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Ricavati pelle e carbone vegetale dagli scarti della birra

Un progetto italiano consente il riutilizzo del 90% di trebbie, lieviti esausti e acque di processo per la realizzazione di biocombustibili

Gli scarti della produzione della birra possono contribuire a "salvare" il pianeta dai cambiamenti climatici.

Lieviti esausti, acque di processo, trebbie e altri scarti di lavorazione possono essere infatti riutilizzati per produrre pellet e carbone vegetale (biochar). E' quanto prevede un progetto del Crea (Consiglio per la ricerca in agricoltura), grazie al quale � possibile recuperare fino al 90% delle materie prime utilizzate nel processo produttivo della birra.

Grande energia, poco inquinamento - Dal punto di vista energetico sono proprio le trebbie, una volta essiccate, a poter divenire pellet per la produzione di calore da impiegare nuovamente nel ciclo produttivo della birra. I ricercatori hanno sottoposto campioni di trebbie di alcuni birrifici artigianali ad analisi chimica per valutarne il potere calorifico e il contenuto in ceneri (notevolmente ridotto rispetto ai combustibili tradizionali), evidenziando alti contenuti di carbonio e idrogeno, che conferiscono un elevato potere calorifico.

Meno acqua e fertilizzanti - Il Crea ha inoltre effettuato alcuni test per verificare la possibilit� di produrre carbone vegetale a partire da trebbie sfuse e da pellet ricavato a sua volta dalle trebbie. Il biochar � infatti considerato un buon ammendante agricolo, con alto contenuto di carbonio e azoto, in grado di favorire la ritenzione idrica e degli elementi nutritivi, riducendo quindi il fabbisogno di acqua e di fertilizzanti chimici.

Il biochar, pertanto, risulta l'unica tecnica di mitigazione dei cambiamenti climatici "carbon negative", in grado cio� di sequestrare pi� carbonio di quanto ne emetta per produrre energia. Ad ogni chilogrammo di biochar prodotto corrispondono tre chilogrammi di CO2 "sottratti" all'atmosfera.