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Il tessuto imprenditoriale del Mezzogiorno è uscito rafforzato dalla crisi

Un processo di selezione ha costretto molte imprese, specie quelle caratterizzate da un grado di rischio economico-finanziario elevato già dal 2007, ad uscire dal mercato

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lapresse

Quanto emerge dal Check Up Mezzogiorno di Confindustria e SRM – seppure moderata, continua la risalita del Sud e delle Isole – è riconducibile (principalmente) al contributo offerto da un tessuto imprenditoriale, in parte diverso da quello del 2007.

Confindustria e SRM osservano che la caratteristica principale del tessuto imprenditoriale del Mezzogiorno (composto per il 90% da piccolissime imprese, ovvero quelle che impiegano meno di 10 dipendenti, e perlopiù da ditte individuali) “è stata rafforzata dalla lunga crisi, in particolare nel settore manifatturiero”, all'interno del quale, inoltre, si è registrato il più alto numero di chiusure-fallimenti, la maggiore perdita di occupati e di investimenti.

La crisi economica ha condotto un processo di selezione – Confindustria e SRM lo descrivono come “particolarmente violento e profondo” –, che ha costretto molte imprese, specie quelle caratterizzate da un grado di rischio economico-finanziario elevato già dal 2007, ad uscire dal mercato: il Rapporto PMI Mezzogiorno, condotto da Confindustria e dal Cerved, osserva che la presenza di queste imprese si è ridotta infatti dal 22,9% al 20,4% tra il 2013 e il 2014.

Chi è sopravvissuto alla crisi economica, invece, è “oggettivamente più forte”. Ad aumentare sono state, sia in termini relativi sia in termini assoluti, le piccole e medie imprese con un bilancio classificato come “solvibile”, dal 36,4% al 40,4%. Le imprese rimaste sul mercato sono ora più solide dal punto di vista dell'equilibrio finanziario, meno indebitate, più patrimonializzate. Non mancano le zone d'ombra, comunque: rispetto al dato nazionale, il sistema meridionale presenta ancora una maggiore rischiosità.

La quota di imprese del Sud in area di solvibilità è infatti più bassa del 6,5%, mentre per quelle in area di rischio la percentuale è più alta di 2,2 punti percentuali. Infine, seppure in calo, anche nel 2015 la probabilità di default resta alta, in particolare per le PMI meridionali fortemente dipendenti dalle banche (6,4%, contro una media nazionale del 5,1%).