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Cresce il contributo dei Bric alla crescita globale

Al momento il Brasile, in recessione da due anni, rappresenta lʼunica eccezione e le previsioni per il futuro non sono molto positive

I BRIC – acronimo che indica quattro Paesi: Brasile, Russia, India e Cina – stanno offrendo un contributo alla crescita mondiale maggiore rispetto a quello degli ultimi tempi.

A sottolinearlo è il Centro Studi Confindustria (CsC) nella sua ultima Congiuntura flash.

In Cina, dove Pechino sta cercando di spostare la “dipendenza” della propria economia dalle esportazioni ai consumi interni, la produzione industriale è cresciuta a gennaio del 6% (altrettanto aveva fatto a dicembre: +6,2%) e il PMI manifatturiero indica un'ulteriore decelerazione, passando dai 51,9 punti di dicembre ai 51,0 di gennaio. Prosegue anche la crescita delle vendite al dettaglio (a gennaio, +10,9% su base annua) e dell'inflazione (+2,5%).

In Russia, la situazione sembra migliorare: a gennaio il PMI manifatturiero si attesta a 54,7 dai 53,7, ai massimi da 70 mesi. Il CsC osserva che le sanzioni, imposte dai Paesi occidentali in seguito alla crisi ucraina e che resteranno in vigore fino al luglio del 2017, rappresentano comunque un elemento di incertezza.

L'India riparte dopo lo shock da demonetizzazione – per contrastare la corruzione e l'evasione fiscale, il governo indiano ha ritirato le banconote da 500 e da mille rupie (6,5 e 13 euro) –, con il PMI manifatturiero a 50,4 in gennaio, in crescita rispetto ai 49,6 del mese precedente. Rispetto alle altre economie emergenti, che aveva subìto un rallentamento, quella indiana aveva registrato la performance migliore nel 2016: lo scorso anno il PIL indiano dovrebbe essere cresciuto del 7,6% (la Banca mondiale stima che la crescita dovrebbe proseguire a passo spedito fino al 2019).

Il Brasile rappresenta l'unica eccezione, al momento: il Paese sudamericano è in recessione da due anni e le previsioni per il futuro – recentemente il Fondo monetario internazionale ha tagliato le stime di crescita per il 2017 dall'1,5 allo 0,2% – non lasciano ben sperare.

Complessivamente i paesi emergenti stanno offrendo un contributo all'incremento del Prodotto interno lordo globale più consistente rispetto a quello garantito fino a pochi mesi fa. Il CsC sottolinea che, in alcuni casi, uno dei motivi di questa inversione di tendenza è rappresentato dal rialzo dei prezzi delle materie prime (anche non-oil) – il rincaro del petrolio si quasi fermato, in realtà: a febbraio un barile costava 56,2 dollari contro i 55,7 di gennaio e i 46,9 di novembre –, “i mercati finanziari (anzitutto azionari) scommettono sul proseguimento di questi loro progressi, inattesi fino all'inizio del 2017”.