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Violati diritti di una coppia gay, Strasburgo condanna l'Italia

Venne rifiutato il permesso di soggiorno al partner neozelandese di un cittadino italiano, Roma dovrà pagare un risarcimento di 20mila euro per discriminazione

La Corte europea dei diritti dell'uomo ha condannato l'Italia a risarcire ventimila euro di "danni morali" a un cittadino neozelandese a cui era stato rifiutato il rilascio del permesso di soggiorno per il ricongiungimento familiare col suo compagno italiano.

In questo modo, per i giudici di Strasburgo, l'Italia ha violato il diritto della coppia a non essere discriminata.

A rivolgersi alla Corte di Strasburgo sono stati, nel 2009, Roberto Taddeucci e il suo compagno della Nuova Zelanda Douglas McCall. I due sono una coppia omosessuale sin dal 1999. Risiedevano in Nuova Zelanda, con lo statuto di coppia non sposata fino al dicembre 2003, quando decisero di trasferirsi in Italia a causa di problemi di salute di Taddeucci. McCall chiese un permesso di soggiorno per ricongiungimento familiare, che gli venne rifiutato.

Nel suo ricorso la coppia ha sostenuto di essere stata vittima di una discriminazione basata sull'orientamento sessuale. E adesso i giudici di Strasburgo, con sei voti contro uno, hanno stabilito che i due sono stati, in effetti, vittime di una "discriminazione ingiustificata".

Nella loro sentenza i magistrati di Strasburgo scrivono che "la situazione di Taddeucci e McCall non poteva essere equiparata a quella di una coppia non sposata eterosessuale". Osservano che, "non potendosi sposare e nell'impossibilità di ottenere in quegli anni in Italia qualsiasi altro riconoscimento formale della loro unione, i due uomini non potevano essere classificati come sposi, e che l'interpretazione restrittiva della nozione di membro di famiglia era per le coppie omosessuali un ostacolo insormontabile nell'ottenere un permesso di soggiorno per ricongiungimento familiare".

La Corte ha dunque individuato una discriminazione da parte dell'Italia nei confronti delle coppie gay per il fatto stesso di metterle sullo stesso piano di quelle eterosessuali, negando però sia il diritto al matrimonio sia quello del riconoscimento dello stato di convivenza. In tal modo lo Stato "ha violato il diritto di Taddeucci e McCall a non essere discriminati sulla base dell'orientamento sessuale nel godimento del loro diritto al rispetto della vita familiare". Se le parti non faranno ricorso in appello, la sentenza diventerà definitiva fra tre mesi.