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Rabbia, avanza l'epidemia in Italia

I casi di rabbia animale accertati nei primi tre mesi del nuovo anno nel Triveneto sono già 107 contro i 68 di tutto il 2009 e i 9 del 2008.

Nel dettaglio, i casi diagnosticati dalle Asl di queste regioni (3 in Trentino Alto Adige, 98 nel Veneto e 6 Friuli) e registrati dall’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle tre Venezie comprendono: 6 caprioli, 1 cane, 1 cavallo, 1 cervo, 1 faina, 8 gatti, 5 tassi, 84 volpi selvatiche.

Il dato risulta preoccupante dato il coinvolgimento di alcuni animali domestici (cani, gatti e cavalli) attraverso i quali il morbo è facilmente trasmissibile all’uomo. Qualora la persona si ammali, l’esito è fatale quasi nel 100% dei casi, sono stati riportati solo 6 casi di sopravvivenza negli Usa dopo la manifestazione acuta della malattia di cui 2 completamente guariti senza sequele neurologiche, gli altri 4 hanno avuto gravi danni neurologici permanenti.

La rabbia è una malattia infettiva virale che nel mondo miete circa 50.000 vittime umane ogni anno. In Italia si è ricominciato a parlare di rabbia negli ultimi mesi del 2008, dopo 13 anni di assenza, nelle regioni del nord-est dove sono stati riscontrate le prime volpi rabide.

“Tenendo conto dei dati finora diffusi dall’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie e della velocità scientificamente stimabile di propagazione della malattia (50 km/anno) sarebbe necessario ricorrere ad una campagna  di vaccinazione anche nelle regioni del Nord Ovest, cioè in quelle regioni settentrionali non incluse nell’ordinanza del Ministero della Salute del 26 novembre 2009 ma confinanti con le regioni del Triveneto - ha dichiarato Carla Bernasconi, Presidente dell’Ordine dei medici veterinari della provincia di Milano”.

“Il primo aiuto alla prevenzione della rabbia – ha proseguito il presidente dell’Ordine - comincia con l’educazione del proprietario di un animale. Il vademecum anti-rabbia è semplice: proteggi te stesso, il tuo animale e la tua comunità vaccinando i tuoi animali. Evita il contatto con gli animali randagi o selvaggi. Se sei stato morso, lava le ferite con acqua e sapone e cerca immediatamente un medico. Se il tuo animale è stato morso, consulta immediatamente un medico veterinario. Trattamenti tempestivi e appropriati dopo i morsi e prima che la malattia si sviluppi possono, infatti, fermare l’infezione e prevenire la malattia sia negli uomini che negli animali”.

Il virus (Lyssavirus) della rabbia, che colpisce il sistema nervoso degli animali selvatici e domestici, si trasmette all’uomo attraverso la morsicatura, il graffio profondo, la leccatura di pelle non integra da parte di soggetti infetti ma ancora asintomatici. La malattia si caratterizza da una prima fase con disturbi generici e sintomi poco specifici similinfluenzali e dopo alcuni giorni peggiora  interessando l’apparato respiratorio, quello gastroenterico e/o il sistema nervoso centrale. Successivamente evolve in una infezione dell’encefalo con due forme a decorso acuto: rabbia furiosa (ipereccitabilità e idrofobia) e rabbia paralitica ( segni di paralisi). 
Immunizzando  il 70% o più della popolazione canina si può ridurre la trasmissione della malattia in modo efficace, anche in zone in cui la rabbia è endemica negli animali selvatici. Controllare la rabbia nei serbatoi selvatici è difficile, tuttavia gli sforzi compiuti per vaccinare le volpi selvatiche hanno mostrato segnali incoraggianti.

Attualmente non esiste una cura per la rabbia una volta che si manifesta. La prevenzione (della malattia) si basa sulla vaccinazione pre-contagio (esposizione), che si esegue per chi svolge attività professionali “a rischio specifico” (medici veterinari, guardie forestali, operatori cinofili, guardie venatorie, ecc.), e sul trattamento antirabbico post-contagio (esposizione) da effettuare subito dopo il presunto contagio in caso di aggressione da parte di un animale sospetto. In questo caso, l’animale deve essere sottoposto ad una osservazione di 10 giorni, in modo tale da poter escludere l’esposizione al virus al momento dell’aggressione. Sottovalutare anche un semplice e innocuo contatto con animali sconosciuti può essere molto pericoloso.
Dopo un ciclo vaccinale completo e ben eseguito, sono presenti gli anticorpi praticamente nella totalità dei soggetti.