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La Cina censura Wikipedia

Web: oscurata lʼenciclopedia online

La mannaia della censura di Pechino cala di nuovo su Internet.

A causa delle troppe parole "proibite", le autorità cinesi hanno infatti oscurato definitivamente Wikipedia, la più grande enciclopedia universale sul Web. Secondo quanto si apprende, in tutto il Paese i cybernauti non sono più in grado di consultare le pagine del portale e, ad ogni ricerca, visualizzano soltanto una schermata con l'avviso "non disponibile per ragioni tecniche".

Il regime di Pechino ha paura delle parole e, dunque, mette il bavaglio a una delle principali fonti di informazioni libere del Web. Tra gli oltre 225 milioni di vocaboli che contiene il sito ci sarebbero troppe definizioni "scomode" quali "Tienanmen 1989", "libertà", "democrazia", "Tibet" e "repressione". Realizzata grazie al prezioso e continuo contributo dei cybernauti di tutto il pianeta e tradotto in cento lingue, Wikipedia è un prodotto della libertà in continua evoluzione. Libertà che il regime cinese non gradisce e che bandisce da ogni pubblicazione online.

Oltre all'enciclopedia universale, infatti, Pechino tiene sotto stretto controllo tutta la Rete. Su ordine del governo, circa trentamila cyber-sceriffi cinesi ogni giorno sono impegnati nella scansione del Web e nella selezione delle pagini da "oscurare". Aiutati da raffinati e sofisticati programmi che filtrano i termini su Internet, i tecnici del regime bloccano e-mail, cancellano testi, censurano e oscurano. Chi insiste in ricerche "vietate" sul Web e digita insistentemente dei termini "proibiti" sulla sua tastiera viene espulso dalla Rete, segnalato alle autorità e spesso punito secondo quanto stabilito dalla legge.

Tra i principali termini "off-limits"di Pechino ci sono soprattutto vocaboli che hanno a che fare con le libertà politiche, religiose e con i diritti umani. Le 1.041 parole proibite dal regime estrapolate da un dissidente cinese non lasciano alcuno scampo ai cybernauti. Nelle pagine online vista sui computer della Cina, non si possono visualizzare infatti termini quali "democrazia", "libertà" e tutti i suoi composti e derivati, "corruzione", "manifestazione", "sciopero", "Tibet indipendente", "Falun Gong" e i nomi di tutti i figli dei dirigenti del partito.

Ma non è tutto qui. La "Grande Muraglia di Fuoco", come l'hanno battezzata i cybernauti cinesi, viene infatti  continuamente fortificata dall'azione dell'Ufficio di Informazione guidato dalla signora Wang Hui che, ogni mese, convoca nella sua sala riunioni i dirigenti dei maggiori siti Internet a cui espone le direttive del governo, precisando quali sono le notizie che si possono dare e quali no. Alle riunioni partecipano anche i rappresentanti dei siti stranieri che operano in Cina e le regole valgono per tutti.

L'estate scorsa Yahoo ha segnalato alle autorità locali una mail di un suo abbonato cinese e quest'uomo ora è in carcere per quel messaggio. Sempre per compiacere il governo di Pechino, di recente invece Microsoft ha chiuso il blog "scomodo" di un giornalista indipendente noto con lo pseudonimo Anti. Nessuno dei grandi nomi della Rete vuole farsi escludere da un mercato che presto supererà quello americano. Internet porterà la libertà ovunque, si diceva qualche tempo fa. Forse era solo un'illusione.