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Pantani, il ricordo di mamma Tonina: "Era il numero uno, è stato un atleta irripetibile".

La donna cerca ancora risposte sulla morte del figlio: "Ho molti dubbi su Madonna di Campiglio. E quella sera a Rimini non era solo"

- I tifosi hanno nostalgia del campione, del ciclista, a lei manca il figlio. Sono passati 10 anni da quando Marco Pantani chiuse per sempre alla vita e lei, Tonina Pantani, aspetta ancora risposte. Concrete, certe. "Marco non tornerà mai, ma io aspetto ancora la verità, su Rimini (dove fu trovato morto, ndr) come su Madonna di Campiglio", dice all'ANSA. Nel ricordo, ancora candido, c'è spazio anche per qualche accusa.

Pantani, il ricordo di mamma Tonina: "Era il numero uno, è stato un atleta irripetibile".

Mamma Tonina ha chiesto più volte che l'inchiesta sulla morte del figlio venisse riaperta, perché restano ancora tanti punti interrogativi. "Ho letto i faldoni, - osserva - Marco non era solo quella sera del 14 febbraio 2004, nel residence di Rimini dove è stato trovato morto con lui potevano esserci più persone. Chiamò i carabinieri, parlando di persone che gli davano fastidio e, dopo un'ora, fu trovato senza vita". C’è anche l’irrisolta storia dei giubbotti "lasciati a Milano e ritrovati nel residence “Le Rose”, dove si era recato senza bagaglio". Chi li portò a Rimini? Questo, insieme a molti altri indizi, resta un mistero. “Il mio dubbio più grande e' che Marco possa essere stato ucciso”, ammette Tonina Pantani. Dopo 10 anni, le domande restano ancora le stesse e vanno di pari passo con i sentimenti, i ricordi, il dolore, con il quale la donna ha imparato a convivere. E’ affranta e delusa ma prova un po’ di sollievo quando parla del suo Marco, delle sue imprese, dei trionfi, delle scalate. Andava più forte in salita, "perché così abbrevio la mia sofferenza", amava ripetere. "Era il numero 1, è stato un atleta irripetibile, un ragazzo buono, coraggioso: avrebbe dovuto mandare a quel paese tutti quanti, soprattutto chi gli diceva di non vincere. Il doping? E’ sempre esistito, però Marco non lo ha mai preso. E poi, sai che soddisfazione: vincere sapendo di avere barato. Non era da Marco. Lui, per il ciclismo e per lo sport in generale, ha rappresentato tantissimo. Tutt’ora tanti bambini vanno a salutarlo al cimitero, lasciano disegni per lui, lo ritraggono mentre pedala fra due ali di folla, in mezzo alle cime innevate. Questo è già di per sé bellissimo”.
C’è una data nella vita di Pantani che non può essere cancellata: 5 giugno 1999, mentre si apprestava a vincere il suo secondo Giro d’Italia consecutivo, venne fermato a Madonna di Campiglio, perché il livello del suo ematocrito era oltre il massimo consentito. Secondo mamma Pantani è stato un “controllo fuori controllo. Di quel giorno mi sono rimasti dentro tanti dubbi - è il pensiero di Tonina Pantani -: giorni prima, in maglia rosa, a Marco era stato rilevato un tasso di ematocrito pari a 46.0. Come ha fatto in pochi giorni a salire? E' tutto molto poco chiaro. Strano. Il mio Marco è sempre stato dolce, sereno, allegro, andava pazzo per i bambini. Ha sempre rispettato le regole. Mi diceva: “Fai la brava che io devo badare a te quando sarai vecchia”.
Le recenti dichiarazioni di Danilo Di Luca (“per arrivare fra i primi dieci, al Giro devi per forza assumere l'Epo...”) hanno fatto breccia nel suo cuore di mamma ferita. “Sono molto arrabbiata con lui, non mi piace la gente che spara nel mucchio. Faccia i nomi davanti ai magistrati, se sa qualcosa. Voglio incontrarlo, parlargli". Ma è a suo figlio che vorrebbe parlare ancora. “Cosa gli direi se potessi incontrarlo? Io gli parlo ogni giorno, avverto sempre la sua presenza al mio fianco”, conclude.
 

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