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Come è umana la sinistra

Editoriale di Vittorio Feltri su Libero

Articolo tratto dal quotidiano Libero di oggi, 17 aprile

Foto dal settimanale Chi


La fotografia incredibile che pubblichiamo qui accanto vale più di qualsiasi saggio (politologico e sociologico).

Spiega perfettamente cosa sia la sinistra e perché ha perso le elezioni.

Un aereo costato milioni di euro. Tre persone in procinto di salire a bordo, una delle quali è Miuccia Prada proprietaria dell'omonima casa di moda, nota icona veltroniana. Infine un poveraccio sdraiato a terra con funzioni di gradino, dato che la scaletta è troppo corta per consentire facile accesso al jet. Un'immagine così non s'era mai vista se non nei film di Fantozzi. Un essere umano ridotto peggio che in schiavitù e usato come cosa dove mettere i piedi, e un grandissimo stronzo incurante dell'umiliazione che gli infligge.

Tante volte abbiamo scritto che se certi ricchi vanno con i comunisti c'è qualcosa che non va nei ricchi o qualcosa che non va nei comunisti. E l'istantanea che vi offriamo in prima pagina e la sequenza all'interno (pubblicata dal settimanale Chi diretto da Signorini) ne sono la triste prova. Personalmente quando ho visto il servizio non credevo ai miei occhi. Pensavo ad uno scherzo, un fotomontaggio. E invece il direttore del periodico mi ha garantito essere la riproduzione di quanto accaduto. Mi auguro che qualcuno si vergogni di dichiarare (in ogni occasione) di simpatizzare per la sinistra, magari convinto di apparire chic, e di comportarsi da negriero d'altri tempi in spregio di qualsiasi elementare norma etica.

Ignoriamo l'identità del "gradino vivente"; gli abbiamo coperto il volto per salvarne la dignità già violata. E a chi si è stupito della débàcle di Veltroni diciamo che se la sinistra è incarnata anche da personaggi come questi, gli elettori hanno tutte le ragioni per non riconoscersi in essa. Lo spettacolo indecente della verità rende superflui altri commenti. Quanto invece al panorama completo dei risultati delle consultazioni, a bocce ferme si comincia a comprenderne il significato. Le tendenze appaiono nette. La crescita della Lega non è affatto strana. Il fenomeno ebbe inizio nella seconda metà degli anni Ottanta, quando Alberto da Giussano esordì sulle schede elettorali. In alcuni comuni delle valli lombarde quel simbolo stravagante si fece notare e venne votato da parecchia gente, fino all'8 per cento, e portò in Parlamento due rappresentanti: Bossi e Leoni. Due sconosciuti al grande pubblico che però avevano molto seminato tant'è che alle elezioni regionali, nel 1990, il Carroccio strappò in Lombardia quasi i120 per cento contribuendo a minare le basi della cosiddetta Prima Repubblica.

Già allora si parlava di voto di protesta. Ed era la dimostrazione dello scarso acume della politica, la quale non capiva e seguita a non capire i fermenti sociali, distante com'è dalla vita dei cittadini. Ricordo le analisi superficiali dei giornali e i servizi televisivi da cui emergeva disprezzo per i nordisti e desiderio di liquidare l'impennata leghista come l'impazzimento collettivo dei montanari più buzzurri del Nord.

Presi sottogamba, i bossiani poterono lavorare sodo senza essere disturbati dalle luci della ribalta. E i loro frutti furono copiosi. Sorvolo su vicende di cui la cronaca si è occupata abbondamentemente. E vengo all'attualità. In un ventennio i leghisti si sono radicati nel territorio e gli attivisti, la cui generosità non ha riscontri in altri partiti, uomini e donne motivatissimi, conoscono gli elettori direttamente e vanno di casa in casa a fare proseliti. Se si aggiunge che la maggioranza degli amministratori nordisti è all'altezza del compito e interpreta bene le esigenze degli amministrati, non sorprende affatto il dato del 15 aprile.
I soli sconvolti dal successo di Bossi sono i politici d'apparato, quelli stanziali di Roma e che hanno una visione distorta e incompleta del quadro nazionale. Idem i giornalisti, i notisti politici, i quali scrivono per il Palazzo, per i loro colleghi; e scrivono di cose che non sanno; ascoltano i leader, vanno per salotti, se entrano in un bar non si abbassano a conversare con gli avventori; se ne fregano, pensano a soddisfare il direttore, l'editore, tutti tranne i lettori.

Sicché politica e informazione rispetto al popolo sono distanti anni luce, in una separatezza ambientale e mentale che impedisce comunicazioni con l'estemo. Poi si meravigliano dinanzi all'exploit del Carroccio e ne danno spiegazioni puerili, accusando il movimento e i suoi aderenti di xenofobia e razzismo. Quando si sforzano blaterano di voto di protesta, oggi come ieri. Ma quale protesta? Se la Lega raggiunge in città grandi i 130 per cento, come si fa a dire: è solo lo sfogo di gente incazzata?
La questione è assai diversa. Siamo in presenza non di un cataclisma ma di un mutamento arrivato a maturazione non all'improvviso. Ne andavano colti i segnali ma non sono stati colti da nessuno eccetto Bossi e Berlusconi che hanno sempre l'orecchio teso e intercettano ogni voce decriptaridone i messaggi fondamentali. Bossi si è concentrato al Nord di cui è paladino. Berlusconi ha dovuto spaziare per ovvie ragioni in tutto il Paese. E Fini si è trascinato appresso gli italiani che costituiscono l'ossatura del tradizionalismo. Un mix ideale per vincere.

Ma c'è qualcosa di più e di più importante da esaminare. Il consolidamento dell'Europa, intesa come governo centrale e imprescindibile, ha determinato una spinta al localismo che non ha inibizioni. Gianfranco Miglio fu buon profeta. Le sue macroregioni snobbate agli albori degli anni Novanta ora sono un fatto che precede di poco la loro formalizzazione. I problemi di Milano non sono gli stessi di Roma o di Napoli o di Palermo. La legislazione è obbligata a tenerne conto. E poiché il riferimento vero è Bruxelles, nel rispetto delle disposizioni continentali uguali in tutta la Ue, è naturale che Varese o Verona o Treviso pretendano il federalismo fiscale finalizzato a fare in proprio ciò che non può essere delegato a un Palazzo romano frequentato - nel giudizio dei lombardi o dei veneti - da marziani. O si prende atto di questo o non si capirà mai.
È finita un'epoca e chi non se n'è accorto perde terreno. Non è impressionante che i comunisti dell'Arcobaleno siano stati esclusi adesso dalle istituzioni; semmai è impressionante che ci fossero fino a una settimana fa. E non c'è da rompersi il capo per dare un senso alla catastrofe del Pd. Il quale, essendo rappresentato da ex comunisti rivestiti, travestiti, riverniciati e accessoriati Prada, non può andare lontano.

Chi si fida di quelli che hanno sventolato la bandiera rossa e creduto nella falce e martello sino all'abbattimento del muro di Berlino e oltre?