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Messico:morì in cella,8 a giudizio

Morì nel 2007 in Messico, in carcere, dove fu lasciato per 42 ore senza luce, cibo e acqua.

Adesso otto tra magistrati e poliziotti messicani sono stati rinviati a giudizio dal Tribunale di Lecce per l'omicidio volontario di quell'uomo, Simone Renda, 34 anni, in vacanza a Playa del Carmen. Si tratta della prima applicazione in Italia della Convenzione di New York del 1988 che prevede, per trattamenti disumani, la giurisdizione nel Paese della vittima.

Gli otto cittadini messicani rinviati a giudizio dinanzi alla Corte d'assise di Lecce sono il giudice qualificatore Hermilla Valero Gonzales, gli agenti della polizia turistica del municipio di Playa del Carmen, Francisco Javier Frias e José Alfredo Martinez, il responsabile dell'Ufficio ricezione del carcere di Playa del Carmen, Gomez Cruz, i vicedirettori del carcere municipale, Pedro May Balam e Arceno Parra Cano (subentrato al primo il 2 marzo 2007), le guardie carcerarie Luis Alberto Arcos e Najera Sanchez Enrique.

L'accusa iniziale, abbandono di persona incapace da cui è derivata la morte, è stata infine derubricata in concorso in omicidio volontario per aver sottoposto la vittima a trattamenti crudeli, inumani e degradanti per punirlo di una presunta infrazione amministrativa, durante la detenzione in carcere.  

Renda fu colpito da un infarto la notte del primo marzo 2007; fu arrestato per atti contrari alla pubblica decenza essendo uscito in mutande dalla camera d'albergo nel tentativo di avere un aiuto. Fu rinchiuso in carcere e lasciato morire, con l'infarto in corso, senza ottenere alcuna assistenza.

La madre: "Così non morirà mai"
''E' stata una battaglia che Simone meritava. Una battaglia oltreoceano che ho affrontato da sola con le mie forze''. E' il commento della mamma di Simone Renda, Cecilia Greco alla lettura della decisione del gup del Tribunale di Lecce Vincenzo Brancato che ha rinviato a giudizio otto tra magistrati e poliziotti messicani per l'omicidio del figlio in un carcere di Playa del Carmen. Il dibattimento comincerà il prossimo 28 aprile dinanzi alla Corte d'assise di Lecce. ''Simone - aggiunge la donna - mi chiamava mamma-coraggio e forse gliel'ho dimostrato ancora una volta. Simone con questa sentenza non morirà mai, la sua memoria rimarrà per sempre, perché adesso tutti potranno fare appello a questa sentenza per poter avere giustizia''.