I cambiamenti climatici comprometteranno circa il 60% della produzione di energia elettrica a livello globale. L'allarme è stato lanciato da uno studio pubblicato sulla rivista Nature Climate Change. Attualmente le centrali utilizzano l'acqua di laghi e fiumi, ma entro il 2040 una siccità estrema e l'aumento delle temperature ridurranno la disponibilità di risorse idriche in molte regioni del pianeta.
Lo studio è stato condotto dai ricercatori dell'International institute for applied systems analysis, in Austria, e della Wageningen University, in Olanda. Sono stati presi in esame i dati di 24.515 centrali idroelettriche e 1.427 centrali termoelettriche. In queste due tipologie di centrali avviene il 98% della produzione di energia elettrica globale ed entrambe dipendono dalla disponibilità di risorse idriche.
Le aree più a rischio - Gli scienziati hanno rivelato che le aree più a rischio sono gli Stati Uniti, le regioni meridionali del Sud America, il Sudafrica, l'Europa centro-meridionale, il Sud-Est asiatico e l'Australia meridionale.
Boom rinnovabili, ma produzione in calo - Un recente studio di Bloomberg ha riferito che nei prossimi 25 anni la domanda di elettricità crescerà nei paesi emergenti. L'ipotesi è che metà dell'energia sarà prodotta a partire da fonti rinnovabili. Dal 2040 al 2069, però, oltre il 60% delle centrali elettriche mondiali produrrà meno energia a causa del riscaldamento globale.
Le possibili soluzioni - Per arginare questa minaccia, i ricercatori suggeriscono all'industria energetica di studiare strategie di adattamento efficaci e adottare tecnologie più efficienti. Tra queste spiccano l'utilizzo del gas al posto del carbone per la produzione di energia e l'impiego di acqua marina o aria per il raffreddamento degli impianti.