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"Burqa per religione? Non è reato"

Assolta immigrata denunciata a Treviso

Il burqa, se indossato per motivi religiosi, non è vietato, e quindi non è reato e non viola la legge 152, che vieta, per motivi di ordine pubblico, di coprirsi il volto in pubblico.

La sentenza, che non mancherà di provocare aspre polemiche, è stata emessa dal Tribunale di Treviso, che ha archiviato la denuncia dei vigili contro una bengalese che si era rifiutata di scoprire il volto per farsi identificare.

Nemmeno il recente varo del "pacchetto Pisanu", che inasprisce le pene per chi copra integralmente il viso in luogo pubblico, ha quindi convinto i giudici che la donna avesse torto e avesse violato l'ordinanza del sindaco di Treviso, Giancarlo Gentilini, la Legge 152 del 1975, che all'articolo 5 vieta di partecipare a manifestazioni portando "caschi protettivi" o "con il volto in tutto o in parte coperto mediante l'impiego di qualunque mezzo atto a rendere difficoltoso il riconoscimento della persona" e la legge 533 del 1977, che estende il divieto di coprirsi il volto anche al di fuori delle manifestazioni, trasformando il "travisamento" in un reato di sospetto nel quale incorre chiunque risulti "difficilmente riconoscibile".

A chiedere l'archiviazioni del procedimento era stato lo stesso pm Antonio de Lorenzi, secondo il quale l'abbigliamento della donna era giustificato dalla religione islamica. E il gip Deli Luca ha accolto la richiesta e la tesi del giustificato motivo. Anche perché la donna, una ventinovenne originaria del Bangladesh e sposata con un connazionale dipendente da un'azienda trevigiana, dopo essere stata denunciata, era uscita dall'ufficio dei vigili urbani solo con un velo sui capelli, e quindi aveva accettato di farsi riconoscere.

Ma la questione della liceità di burqa e chador è tornata d'attualità anche nei giorni scorsi, quando il procuratore generale di Venezia, Ennio Fortuna, ha sostenuto che coprirsi il volto per motivi religiosi non è reato a meno che non vi sia un rifiuto a sollevare il velo di fronte a un'eventuale richiesta delle forze dell'ordine.