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Sposa Coulibaly "testimonial" Isis Donna intervistata da riviste jihadiste

"Sono nella terra del Califfato... nella terra governata dalla legge di Dio", affermerebbe Hayat Boumeddiene

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-afp

Hayat Boumeddiene, "la sposa" di Amedy Coulibaly, uno degli autori degli attacchi di Parigi, vive sana e salva "nel Califfato, nella terra governata dalla legge di Dio". E' uno degli annunci, la cui attendibilità è impossibile da verificare, fatti nelle ultime ore dallo Stato islamico attraverso le sue due riviste, in francese e in inglese, diffuse su Internet.

Nel secondo numero di Dar al Islam, mensile patinato pubblicato sul web, tra l'altro la copertina mostra l'immagine della Tour Eiffel con la scritta: "Che Iddio maledica la Francia". L'articolo di punta è "l'intervista con la sposa", ovvero con la giovane Boumeddiene, presentata come la compagna di "Abu Bassir Abdullah al Ifriqi", nome di battaglia di Coulibaly.

"Sono nella Terra del Califfato... nella terra governata dalla legge di Dio", si legge nell'intervista a Boumeddiene, che non viene però mostrata in nessuna immagine. Nel testo l'Isis attribuisce alla donna la conferma del legame diretto tra Coulibaly e lo Stato islamico. Una relazione ribadita anche dalle pagine di Dabiq, il mensile in inglese dei jihadisti.

Sempre tramite Dabiq, l'Isis ha rivendicato l'uccisione di 58 persone cadute nel sanguinoso attentato kamikaze compiuto nell'ottobre del 2010 a Baghdad contro una chiesa cristiana. L'attacco era stato attribuito all'ala irachena di Al Qaeda, da cui tre anni dopo e' di fatto nato l'Isis. Nelle stesse pagine, gli jihadisti annunciano di aver di recente catturato in Libia 21 copti cristiani. Accanto al testo appaiono foto di uomini, definiti "crociati copti", vestiti con l'ormai tradizionale tunica arancione dei prigionieri, sottomessi lungo una spiaggia a miliziani vestiti di nero.

Secondo alcuni media egiziani "sono stati sgozzati". Una pagina è poi dedicata a Muahammad Musallam, 19 anni di Gerusalemme, che si afferma essere "una spia del Mossad". "Non pensate che sia facile spiare l'Isis" e' il monito che viene fatto lanciare dal giovane "alle altre spie". Nell'ultima edizione di Dabiq c'è anche spazio per raccontare la storia di Abdelhamid Abaaoud, capo della cellula di Verviers, in Belgio, che sulla rivista appare in foto accanto al testo di una sua intervista. Abu Omar Soussi - questo il nome di battaglia - afferma di "essere stato scelto da Allah" assieme ad altri due belgi, Abu Zubayr e Abu Khalid, entrambi sospetti jihadisti uccisi durante l'irruzione nelle forze speciali belghe nell'edificio di Verviers.

Secondo Dabiq, i tre si erano recati in Belgio per "terrorizzare i crociati che guidano una guerra contro i musulmani". L'uomo e' un cittadino belga di origine marocchina. Ha 27 anni e ha combattuto con l'Isis in Siria prima di tornare in Belgio. Nell'intervista non rivela ne' quando avrebbe lasciato il Paese ne' dove si trovava il 15 gennaio scorso quando scatto' il blitz di Verviers.