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Chiara Lungarotti: "LʼUmbria in tutto il mondo grazie al nostro vino"

Al timone, con la sorella, della realtà fondata da papà Giorgio nel 1962, lʼamministratore unico svela la ricetta del successo: "Qualità, passione e amore per il territorio. LʼItalia deve ripartire da qui"

cantine lungarotti chiara umbria
ufficio-stampa

"Quando si assaggia il nostro Rubesco si può percepire la morbidezza, la rotondità delle nostre colline. Ci si trova proiettati in un viaggio immaginario nel nostro territorio, nella nostra Umbria". C'è tutta la filosofia delle Cantine Lungarotti nelle parole di Chiara, amministratore unico della società fondata dal padre Giorgio nel 1962. Una realtà da sempre legatissima all'Umbria ma che, al tempo stesso, esporta fin dal 1969 i propri prodotti in tutto il mondo.

Dall'Umbria al mondo e ritorno. Chi è Lungarotti?
"Lungarotti è un'azienda familiare profondamente legata al proprio territorio e articolata in una parte vitivinicola e in un'altra turistica. Due forme diverse ma complementari di valorizzazione del nostro territorio. Quando negli Anni '90, tanti amici, colleghi e competitor hanno iniziato a investire in Maremma, in Sicilia o in Puglia, noi abbiamo deciso di non uscire dai confini della nostra Regione. Crediamo che il nostro vino debba essere espressione del territorio da cui proviene. Del nostro territorio, quello che conosciamo bene da un punto di vista ambientale, da un punto di vista climatico e pure da un punto di vista sociale".

La storia di Lungarotti viene da lontano. Come è iniziata questa avventura?
"Erano i primissimi Anni '60. L'azienda agraria della famiglia di mio padre era la classica azienda agraria promiscua, tipica delle nostre zone. Si basava sul principio dell'autarchia: da un lato c'era la vigna per la produzione di vino, dall'altro gli uliveti per la produzione di olio, e ancora le stalle per i bovini e i suini, i seminativi... Mio padre intuì che il futuro per l'agricoltura italiana sarebbe stata la specializzazione e, in grande anticipo sui tempi, ha cominciato a lavorare sulla qualità. Negli Anni' 50 e '60 la qualità non era al centro dell'attenzione come oggi. Lui capì che invece avrebbe fatto la differenza".

La qualità è ancora oggi un vostro segno distintivo?
"Nostro padre ci ha insegnato fin da subito l'importanza della qualità. Fin dal principio del processo produttivo. Già in questo periodo, quando si comincia la potatura invernale dopo la fine della caduta delle foglie, operiamo in ogni singolo appezzamento, in ogni singolo vigneto, in vista di quello che sarà il prodotto che andremo a ottenere. Potiamo in base a ciò che otterremo: un vino di medio corpo, un vino giovane o un vino strutturato. Perché è già dalla potatura invernale che si imposta quella che sarà la qualità del raccolto finale. Bisogna partire sempre dalla vigna E' da lì che si possono davvero ottenere grandi risultati. La bravura di un vignaiolo sta nell'ottenere il massimo da quello che è il suo territorio. E nel riuscire a dare un tocco, una personalizzazione che porti a un prodotto unico. Questa unicità è la cosa più bella che si può trovare in un Paese come l'Italia".

Fin dal 1969, Lungarotti esporta i propri prodotti. Quanto è importante l'estero per voi?
"E' molto importante, tanto da arrivare a garantirci oltre il 30% del nostro fatturato, che nel 2013 si è attestato intorno agli 11 milioni di euro. Fin dagli Anni' 60 mio padre ha deciso di guardare oltre i confini. Prima quelli umbri, poi quelli nazionali arrivando in Gran Bretagna, poi in tutta Europa e infine negli Stati Uniti. Quando ero bambina nessuno conosceva l'Umbria. Nelle carte dei grandi ristoranti, i vini del nostro territorio erano sempre catalogati sotto regioni limitrofe o nella categoria "others". Oggi invece l'Umbria è presente in tante carte dei vini ed è anche grazie a quella che è stata l'opera di mio padre prima e di tutta la nostra famiglia poi".

Lungarotti è e resta un'impresa di famiglia?
"Sì, ed è una caratteristica che accomuna molte realtà come la nostra sia in Italia sia nel resto del mondo. Mia madre, Maria Grazia, si occupa di tutto quello che è l'aspetto culturale dell'azienda. Il nostro Museo del vino, ad esempio, è stato aperto al pubblico nel 1974 ed è considerato dal New York Times il migliore in Italia e uno dei migliori a livello internazionale. Poi c'è mia sorella Teresa, che si occupa della comunicazione e del marketing. E infine io, che sono amministratore unico delle varie aziende del gruppo".

Si può battere la crisi?
"Al mattino, quando si inizia la giornata, il bicchiere deve essere sempre mezzo pieno. E' quello che aiuta di più a mettere il massimo dell'entusiasmo. E solo mettendo l'anima in quello che si fa si portano a casa i risultati. Dobbiamo essere sempre fiduciosi e poi ognuno, nel suo piccolo, deve fare il massimo. Io dico sempre che questo Paese può uscire da questa crisi profondissima solo ripartendo da quello che è il nostro tessuto, valorizzando il territorio. Siamo un Paese di comuni, lì c'è la nostra storia. E' questo ciò che ha fatto grande il nostro Paese, garantendo un'offerta eclettica a livello enogastronomico e turistico. Proprio questi credo siano i due motori di sviluppo che l'Italia dovrebbe cavalcare. Sono profondamente convinta che il nostro Paese possa farcela, ma solo se ripartirà dai singoli territori, dai piccoli centri".