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Scontro su pensioni, sindacati al governo: "Giù le mani, non si toccano"

Polemiche dopo le parole del ministro del Welfare, Giuliano Poletti, che si è detto favorevole a ritoccare quelle più alte

Giuliano Poletti
ansa

Il fronte pensioni si fa sempre più caldo, la scia di polemiche e ipotesi di intervento innescata dalle parole del ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, non si interrompe, anzi. I sindacati tornano all'attacco. Altolà anche da esponenti di maggioranza e opposizione. Ma il premier, Matteo Renzi, taglia corto e ironizza: "I giornali di agosto sono pieni di progetti segreti del governo. Talmente segreti che non li conosce nemmeno il governo".

Renzi: "Governo ha altre priorità: giustizia, scuola e ripresa economica" - La priorità poi spetta alla giustizia, spiega il presidente del Consiglio via Twitter da Forte dei Marmi, dove è in vacanza con la famiglia. E in prima linea ci sono anche lo Sblocca Italia e la scuola, al centro del prossimo Cdm, fissato per il 29 agosto. Tutto mentre Roma incassa un segnale positivo da Bruxelles sul capitolo debiti P.a.. Ma di certo la previdenza è un cantiere aperto e lo rimarrà probabilmente fino ad autunno con la nuova legge di Stabilità.

Poletti tra risparmi e spese per "aggiustare il sistema" - Tutto parte dall'intervista di Poletti: il titolare del Welfare spiegava di essere favorevole ad agire sugli assegni alti, con un contributo di solidarietà o con il ricalcolo attraverso il contributivo, a condizione che le risorse eventualmente recuperate fossero riversate nel sistema previdenziale, a vantaggio di chi soffre di più. D'altra parte ormai da tempo il ministro insiste sulla necessità di tutelare quanti vicini alla pensione perdono il posto di lavoro, andando ad ingrossare le fila degli esodati. Una categoria a rischio, gli ipotetici esodandi, per cui Poletti aveva spiegato di volere mettere a punto meccanismi di flessibilità in uscita, agevolando la messa a riposo. Insomma gli interventi si dovrebbero compensare tra di loro: da un lato risparmi e dall'altro spese, con l'obiettivo di "aggiustare" il sistema.

La strada accidentata del taglio delle pensioni più alte - Passando in rassegna le varie ipotesi per reperire fondi, è evidente come la strada sia accidentata: se si pensa al prelievo di una certa quota per gli importi più alti bisogna guardarsi dalla pronuncia della Consulta, che nel 2013 ha bocciato un provvedimento simile. Inoltre il Governo Letta nell'ultima legge di Stabilità ha già previsto un contributo. Se invece si considera il ricalcolo delle pensioni con il contributivo l'ostacolo diventa tecnico.

L'operazione non pone problemi per gli ex dipendenti del privato, diverso è invece il discorso per gli statali. Il direttore generale dell'Inps, Mauro Nori, infatti ammette come la valutazione per il settore pubblico "sarebbe più complessa, perché mancano conti assicurativi affidabili". Sarebbe quindi necessario un lavoro di ricostruzione su una platea di circa 3 milioni di posizioni. Comunque, fa sapere Nori, al momento non è arrivata alcuna richiesta. Tanto sicuramente dipende da dove si pone l'asticella. A riguardo può essere utile ricordare come i redditi da pensione superiori ai 5mila euro lordi mensili (circa 3.500 euro netti) siano intorno ai 170mila.

I sindacati storcono la bocca - Comunque sia i sindacati storcono la bocca: il leader della Cisl, Raffaele Bonanni, vede nelle diverse ipotesi solo "una nuova tassa" e bisognerebbe piuttosto aggredire gli sprechi della politica. Sulla stessa linea l'Ugl. La Cgil intanto torna a bollare come "inaccettabile" un taglio delle retributive. E ancora la Uil dice "stop ad operazioni di cassa", chiedendo al governo "di aprire un confronto" sul tema.